Ferrara, 19 ottobre 2010 - DENUNCIA Tutto comincia il 10 febbraio. Il ferrarese — che viveva a Gambulaga e avrebbe festeggiato 86 anni il 14 ottobre — si sente male, ha nausea e febbre, il medico di famiglia che lo visita non ha dubbi: influenza.

Passano le ore, arriva la notte. «Alle 3 dell’11 febbraio — si legge dalla denuncia che porta la firma dell’avvocato Simone Sgarzi — lamentava difficoltà respiratorie e così una delle figlie telefonava alla guardia medica di Portomaggiore, competente per territorio, affinché si recasse a visitare il padre e gli prestasse le cure necessarie». La donna espone il problema al medico, «di turno dalle 20 del 10 alle 8 del giorno successivo», e precisa che il babbo è cardiopatico e nel settembre 2009 gli era stato impiantato un pacemaker.

Il dottore «riferiva che il signor Fabbri faticava a respirare certamente per la malattia influenzale e che non importava che venisse a visitarlo». Il consiglio è quello di continuare con i farmaci prescritti dal medico di famiglia e attendere che le cure facciano effetto. Ma le condizioni dell’85enne non migliorano. 

La sera di quello stesso giorno «continuava a respirare faticosamente tanto che la figlia, nonostante il padre le chiedesse di non disturbare più il dottore, telefonava nuovamente alla guardia medica». Le 21.45: di turno questa volta c’è una donna alla quale viene chiesto di intervenire con estrema sollecitudine. Il medico però «non solo si rifiutava ma addirittura — riportano i familiari nella denuncia — rispondeva in maniera maleducata e infastidita alla figlia di non disturbare più e che in ogni caso poteva chiamare il 118 oppure portarla lei stessa in ospedale».

IL DECESSO Lei così chiama il 118 ma i sanitari dell’ambulanza una volta arrivati a Gambulaga non possono nulla: Fabbri è già morto, «arresto cardiaco come da referto rilasciato».

I soccorritori in quel momento «riferivano alla figlia che l’infarto non era dovuto all’affaticamento respiratorio causato dall’influenza bensì, al contrario, era l’infarto in corso e protratto per un così lungo periodo che provocava al pensionato insufficienza respiratoria». Inoltre aggiungono che «se la guardia medica si fosse recata a fare visita al paziente, non poteva non accorgersi della problematica in corso». In buona sostanza «solo grazie al pacemaker appena impiantato il defunto aveva potuto sopravvivere tutte quelle ore ad un attacco cardiaco che se affrontato con tempismo avrebbe anche potuto avere esito favorevole».

L’ACCUSA Chiaro il ragionamento che fa l’avvocato nell’esposto: «Considerando il tempo trascorso dalla richiesta di intervento all’evento lesivo, è certo o altamente probabile che il signor Fabbri non sarebbe morto poiché se i due medici fossero intervenuti avrebbero diagnosticato l’infarto in corso». Dunque, secondo la famiglia, vi sarebbe stato tutto il tempo necessario per salvarlo. Ma anche se la morte fosse sopraggiunta, «un tempestivo intervento gli avrebbe evitato lunghe ore di agonia e sofferenza». In procura è stata aperta un’inchiesta.