Ferrara, 30 gennaio 2013 - Arrivano le reazioni all'indomani della decisione del Tribunale di sorveglianza di Bologna che ha disposto il carcere per tre dei quattro poliziotti condannati per l'uccisione di Federico Aldrovandi, il 18enne morto nel 2005 in via Ippodromo, a Ferrara, durante un controllo di polizia (il quarto agente, già condannato, resta ancora in attesa per un vizio di forma della notifica).

"Vengo a sapere che i poliziotti che hanno ucciso mio figlio torneranno in servizio una volta scontata la pena e trovo decisamente assurdo che vada così". Queste le parole su Radio24 di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, il ragazzo deceduto nel 2005 dopo un fermo di Polizia. "Non accetto che persone che hanno ucciso un ragazzo senza motivo - ha continuato la madre del ragazzo - e che stanno andando in carcere, possano tornare a indossare la divisa e a svolgere un'attività così delicata e pericolosa. Almeno per evitare di metterli nella stessa condizione di ripetere quello che è già accaduto. La vivo come un'offesa e un insulto alle persone oneste dentro la Polizia. Se le regole consentono a questi individui di rimanere dentro alle forze dell'ordine, sono regole sbagliate. Se lo Stato non assumerà provvedimenti, è come se avallasse il loro comportamento, il che non mi piace proprio".

"Riguardo alla sentenza - ha aggiunto la madre di Federico - sono invece contenta che il Tribunale di Sorveglianza abbia preso la decisione di non concedere loro misure alternative e proprio per il fatto che indossano una divisa. Meritano il carcere, e chi più di loro? Il carcere non si augura a nessuno ma a loro sì. Li ho incrociati alcune volte in giro per strada, in città. E` stato brutto. Paolo Forlani, uno dei condannati, l`ho incontrato in un bar, mi è mancato il fiato a vedere l`assassino di mio figlio e, quando poi l'ho scritto sul blog, lui mi ha querelato".

Dall’Arci "stupore e indignazione per la decisione del Viminale di non allontanare gli agenti, ma di limitarsi a una sospensione per il periodo di detenzione, prevedendone il ritorno in servizio allo scadere dei sei mesi". In una nota rivolta al ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, l’associazione sottoscrive "le richieste della difesa di Federico e di sua madre: quelle persone non devono tornare a fare i poliziotti perche’ sono un pericolo per la sicurezza e l’incolumita’ dei cittadini". "La motivazione della sentenza e’ particolarmente pesante - valuta l’Arci - poiche’ ravvisa non solo un ‘eccesso di omicidio colposo conseguenza di una repressione estrema e inutile’, ma sottolinea come da parte dei condannati non ci sia stato ‘nessun gesto di ravvedimento, di effettiva comprensione della vicenda delittuosa, di riparazione sociale o di monito rispetto al ripetersi di tali comportamenti’. Insomma nulla -conclude la nota - che possa far pensare a un pentimento".

Di tutt'altra opinione è il Sap (Sindacato autonomo di polizia) di Ferrara. "Pare che dall’anno 1975, in Italia - sottolinea il segretario provinciale Luca Caprini - nessuno ha piu’ scontato un giorno di carcere per reati di natura colposa". Caprini rivendica la "clemenza per tutti": "Da anni vediamo persone, gravate da decine e decine di precedenti per reati contro la persona ed il patrimonio, ai quali vengono ripetutamente concesse tutte le misure alternative possibili". "La decisione di ieri è ‘storica’ - prosegue il segretario del Sap - ha rimarcato che tutti sono uguali davanti alla Legge, ma l’appartenenza ad una categoria, rischia fare la differenza". E conclude con una domanda: "In mancanza di garanzie funzionali e protocolli d’intervento, con quale serenita’ andranno ad intervenire gli operatori del comparto sicurezza, allorquando, obbligati da un dovere, si troveranno a rischiare, nella concitazione del momento di fare atti che potrebbero pagare con la galera?".