"A Ferrara la sinistra non ha mai avuto percentuali ‘bulgare’"

Caro Carlino,

A tre anni dall’insediamento della giunta guidata da Alan Fabbri, chiunque ha avuto modo di farsi la propria idea sul governo di Ferrara, valutandolo positivamente o negativamente, magari plaudendo alcune decisioni e disapprovandone altre; insomma, non esistono ‘macchine propagandistiche’ capaci di tramutare il bianco in nero o viceversa. L’immagine di una amministrazione può essere tirata a lucido da bravi opinion maker, ma se la gente comune non vede i fatti, nemmeno un mago può contrabbandare una utilitaria scassata per una Ferrari. Può essere sgradevole per qualcuno essersi trovati per la prima volta in minoranza, ma nello stesso tempo è curioso come spesso si dimentichi che in questa città una opposizione è sempre esistita: una parte della città ha pazientemente e civilmente sopportato scelte politiche non condivise, talvolta inutilmente faziose, e in altri casi palesemente errate, non per tre anni ma per tre quarti di secolo; insomma secondo me è un po’ presto per sbuffare. Ferrara, nonostante una narrazione dominante di senso contrario, non è stata mai una città di plebisciti per la sinistra. Solo guardando agli ultimi venti anni, la sinistra vinse al primo turno nel 1999 e nel 2004 con la coalizione conservatrice fortemente divisa in entrambe le occasioni, così come nel 2014; quando invece andò unita, nel 2009, Tiziano Tagliani fu portato al ballottaggio e nel 2019, come sappiamo, Aldo Modonesi venne battuto. Se si vanno a osservare i dati, negli ultimi venticinque anni, nessun sindaco di centro sinistra ha ricevuto una approvazione ‘bulgara’, attestandosi sempre attorno al 55% dei consensi. Oggi è innegabile che una parte di Ferrara sia infastidita a vedere il parco del grattacielo custodito e animato, soffra per i concerti in piazza o rimanga inorridita per le collaborazioni fra pubblico e privato, che porteranno assieme restauri e centri commerciali. Questa Ferrara all’opposizione, spazientita in consiglio comunale, acida in pubblico come sui social, per decenni non ha mai sperimentato la sofferenza di sentirsi inascoltata. Da Sateriale a Tagliani, il governo ‘in nome di tutti’ è stato il mantra utilizzato a inizio di ogni mandato: posso sostenere che per quei lunghi anni nessuno ha governato a nome mio, o in nome di decine di migliaia di cittadini. Trovarsi fuori dalla stanza dei bottoni è probabilmente doloroso, ma se a oltre metà del mandato di Fabbri qualcuno vive la sconfitta come una intollerabile ingiustizia, probabilmente le delusioni non sono destinate a finire.

Andrea Rossi