"Amava la vita e il calcio non si sarebbe mai ucciso"

Il commento del compagno di stanza, l’ex portiere Gigi Simoni: "Finalmente in magistratura qualcuno vuole fare chiarezza, ’Berga’ fu attirato in un tranello"

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"Finalmente abbiamo trovato nella magistratura qualcuno con la determinazione per arrivare fino in fondo. Sarà una guerra lunga, senza esclusioni di colpi, intanto abbiamo vinto la prima battaglia". Ci crede Gigi Simoni (foto), amico della prima ora di Denis Bergamini, portiere del Cosenza e compagno di stanza di Denis per ben quattro anni. "Denis era una persona meravigliosa – riprende – era un ragazzo bello e solare, la vita gli stava sorridendo, aveva avuto un interessamento dalla Fiorentina per andare in Serie A, aveva trovato una ragazza del Nord con la quale aveva fatto un progetto di vita: non c’era una ragione al mondo per togliersi la vita. Lo sapevano tutti che sotto c’era qualcosa di torbido". Isabella Internò per motivare l’ipotesi del suicidio aveva detto, all’epoca, che Denis era stanco del calcio… "Ma quando mai. Era un ragazzo che amava la vita. Con Internò si erano presi e mollati quattro volte. In agosto, prima della trasferta a Pisa, mi aveva detto che si erano lasciati definitivamente". Il suo destino si era deciso dall’abbandono del ritiro del Cosenza, a Rende. Dalla cittadina calabrese con la sua Maserati aveva caricato Isabella Internò in quello che sarebbe stato l’ultimo viaggio, fino alla piazzola di Roseto Capo Spulico, nel 1989: Denis aveva 27 anni. "E’ vero – analizza Simoni - , con tutta evidenza è stato attirato in una trappola. Un professionista esemplare come lui non avrebbe mai lasciato il ritiro senza una ragione importante. Secondo me ci sono solo due ipotesi: o pensava di chiudere facilmente con Isabella una storia che si stava trascinando e della quale non ne poteva più, oppure aveva ricevuto delle minacce". Mai sentito parlare di pressioni da parte della mafia della Calabria? "No, ma eravamo nella bolla della squadra di calcio professionistico. Alla luce di quanto è emerso in seguito, non mi stupisco di niente". Paura anche per lei? "Per quanto mi riguarda no, ci metto la faccia con piacere: ’Berga’ merita questo e altro". Denis era un ragazzo cresciuto in una famiglia di agricoltori agiati alle porte di Boccaleone. Fin dall’inizio la sua passione era il calcio, un centrocampista gracile ma che non mollava mai, un mediano grintoso ma anche dai piedi educati. "Si vedeva che aveva qualcosa in più degli altri – racconta Gian Paolo Vanzini, responsabile del settore giovanile dell’Argentana, dove Denis ha mosso i primi passi della carriera, poi dirigente anche della Spal – Aveva cominciato con noi quando aveva 15-16 anni, aveva personalità e piedi buoni, era svantaggiato dal fisico gracile. Ma aveva la testa, la determinazione per emergere nel mondo del calcio. Dopo la trafila nel settore giovanile dell’Argentana, era stato notato dal Russi, club all’epoca in Serie D. In Romagna l’aveva iscritto nel libro buono Roberto Ranzani, direttore sportivo del Cosenza ma anche ex dirigente della Spal. La provincia di Ferrara era una sua specie di feudo per reclutare talenti (l’altro era proprio il comacchiese Gigi Simoni ndr), Ranzani aveva notato Denis e aveva visto giusto. Da quando era andato a Cosenza, si vedeva ben poco ad Argenta, tranne qualche volta, quando saliva da noi per sfrecciare in paese con la sua ormai celebre Maserati. Era un ragazzo con la testa sulle spalle, non se la tirava, un giovane perbene. Il suicidio? L’ho sempre escluso, come tutti quelli che lo conoscevano: niente di più lontano dal suo modo di essere".

Franco Vanini