Carcasse di auto, rottami, plastica, pneumatici, elettrodomestici, lastre di fibrocemento e i resti di una barca. Tra le mura di alcuni fabbricati, i posti letto allestiti da chi aveva scelto quegli edifici come casa e, addirittura, un pollaio. Quando gli operatori di Arpae fecero accesso in quell’area a ridosso di via Bologna trovarono di tutto. Dalla scoperta di quella che non ci volle molto a identificare come discarica abusiva, scaturì un’inchiesta approdata ora in tribunale. Imputato è il proprietario degli immobili in questione, un 67enne ferrarese. L’uomo è accusato di illeciti in materia di smaltimento di rifiuti e di violazione di sigilli (quest’ultima contestazione è relativa ad alcune operazioni svolte dopo i sequestri nell’area di cui era stato nominato custode). Nella mattinata di ieri è stato sentito l’imputato, il quale ha respinto le accuse e fornito la propria versione dei fatti.
La scoperta di quanto stava accadendo risale all’ottobre del 2020 anche se, secondo gli inquirenti, sarebbe almeno dal 2008 che in quel punto si accumulavano rifiuti (pericolosi e non) in maniera irregolare. All’interno della presunta discarica non autorizzata furono rinvenuti carcasse di auto e moto, i resti di una barca, tre tagliaerba, rottami di vario genere tra cui metallo, plastica, pneumatici, inerti e addirittura amianto. Stando alle ricostruzioni degli inquirenti, si sarebbe trattato di rifiuti abbandonati da alcuni anni e da vari soggetti. Comportamenti che il proprietario – questa l’accusa – avrebbe consentito o almeno non impedito. Ad alcuni di essi, l’imputato avrebbe occasionalmente affittato un luogo in cui dormire all’interno di alcuni magazzini collocati nell’area in questione. Una serie di condotte che, secondo le contestazioni, avrebbe nel tempo generato una situazione di degrado nell’intera area.
La seconda imputazione riguarda invece la rottura dei sigilli avvenuta dopo il provvedimento di sequestro. In quattro occasioni (ottobre e novembre 2020, agosto e ottobre 2021), il 67enne avrebbe rimosso o spostato all’interno della stessa area i rifiuti di cui (insieme agli immobili stessi) era stato nominato custode. Nel dettaglio sarebbero stati conferiti o spostati frigoriferi, materassi, infissi, bauli e tanto altro. Ieri mattina, davanti al giudice, l’imputato ha spiegato la propria verità. Ha chiarito di essere il proprietario dei fabbricati e dell’area cortiliva, ma che gli oggetti rinvenuti erano stati accatastati dalle persone che avevano affittato gli immobili. Riguardo alla natura degli oggetti sequestrati, l’imputato ha smentito che si trattasse di rifiuti. Si parlerebbe, al contrario, di automezzi fermi ma non in stato di abbandono, di materiale riconducibile alle attività edilizie dei locatari e di elettrodomestici considerati ‘datati’ in Italia ma destinati a essere portati in Camerun. "La contestazione è estremamente severa – commenta l’avvocato Andrea Marzola, legale dell’imputato –, ma qui siamo fuori dal fuoco di una imputazione di quella portata. Non c’era alcun pericolo per l’ambiente e cercheremo di dimostrare che si trattava soltanto di un deposito temporaneo e occasionale, del quale il mio assistito non ha alcuna responsabilità". Si torna in aula il 20 maggio per la discussione.