Covid Ferrara: ospedale pieno di non vaccinati

il direttore di pneumologia dell’ospedale di Cona Alberto Papi sottolinea che chi non si protegge va incontro a effetti più gravi

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di Federico Di Bisceglie

È la seconda linea della trincea. Il reparto di pneumologia dell’ospedale di Cona sta lavorando a pieno regime, senza sosta, dal marzo dello scorso anno. Fra dubbiosi, scettici e no vax, più che una dose di Pfizer occorrerebbe un’iniezione di buonsenso fra i pazienti. Per tracciare una panoramica dello stato dell’arte del reparto, abbiamo intervistato il direttore Alberto Papi (nella foto).

Professore, qual è il livello di occupazione dei posti letto nel suo reparto?

"Attualmente abbiamo sedici pazienti ricoverati nel reparto di pneumologia Covid. La peculiarità, ancora una volta, riguarda il profilo dei pazienti ospedalizzati. Nella fattispecie, la differenza sostanziale la fa sempre l’essersi sottoposti o meno al ciclo vaccinale".

Cioè coloro che si sono vaccinati, ancorché positivi, hanno sintomi più lievi?

"Questo è soltanto uno degli aspetti rilevanti. Sicuramente chi è vaccinato ha sintomi più lievi e, in linea di massima, si tratta di soggetti con complicanze cliniche pregresse. Per cui, nel caso dei vaccinati, il Covid è un’ulteriore complicazione a un quadro generale già critico. Altro discorso invece per coloro che non sono vaccinati. Innanzitutto l’età media dei pazienti in pneumologia covid non vaccinati è molto più bassa. Basti pensare al fatto che il più giovane ha 21 anni. Mentre fra i vaccinati l’età media si aggira attorno ai 79 anni. Numericamente, quattordici sono i pazienti non vaccinati e due quelli vaccinati".

Complessivamente il reparto quanti posti letto avrebbe a disposizione?

"Ventiquattro posti ‘ordinari’ e sedici dedicati ai pazienti che hanno contratto il Coronavirus. I posti dedicati al Covid sono tutti pieni nel nostro reparto, ma la pressione sulla struttura ospedaliera, in generale, è ben più leggera rispetto ai livelli raggiunti nei mesi più bui quando arrivammo ad avere 190 posti letto covid fra i diversi reparti".

Tornando al profilo dei pazienti. Coloro che scientemente decidono di non vaccinarsi, approdando al suo reparto, hanno poi dei ripensamenti?

"Abbiamo registrato qualche caso di ‘pentimento’. Generalmente sono i pazienti che hanno un’età compresa fra i quarantacinque e i cinquant’anni che riformulano le loro convinzioni sulla base dell’esperienza che hanno fatto in reparto. Alcuni li abbiamo sentiti parlare al telefono con amici, ritrattando completamente la loro versione sulla vaccinazione".

L’occupazione dei posti letto, che comunque è elevata, che tipo di disagi comporta?

"Il disagio più evidente riguarda l’allungamento dei tempi d’attesa per l’attività ambulatoriale. Abbiamo appuntamenti programmati che sono slittati, fino anche a un mese rispetto alla data fissata. Basti pensare che, su tre ambulatori, per via dell’aggravio di lavoro determinato dagli effetti della pandemia, ne funziona uno solo".

Forse per un problema di organico...

"In realtà l’organico è stato rafforzato: diciotto medici strutturati e quattro specializzandi che operano in reparto. Il personale infermieristico è stato pressoché raddoppiato. Il surplus di lavoro conseguente alla pandemia (che colpisce in particolare i non vaccinati), determina una situazione tale per cui le risorse umane devono essere impegnate quasi esclusivamente nei reparti covid, a detrimento di tutti gli altri pazienti".