Anna Fabbri investita e uccisa dall'ambulanza. "L’autista è stato imprudente"

Le motivazioni della condanna del conducente dell’ambulanza che ha travolto la tredicenne: "Doveva valutare meglio la situazione"

L'incidente del 2017 in cui ha perso la vita Anna Fabbri, nel riquadro

L'incidente del 2017 in cui ha perso la vita Anna Fabbri, nel riquadro

Ferrara, 14 gennaio 2020 - «In quel contesto di tempo e luogo, una condotta pienamente prudente da parte dell’imputato avrebbe certamente potuto evitare l’impatto e le conseguenti lesioni con esito mortale". Secondo il giudice Carlo Negri, l’autista dell’ambulanza che l’8 aprile del 2017 ha investito e ucciso la tredicenne Anna Fabbri, avrebbe dovuto ‘regolare’ il suo comportamento alla guida del mezzo di soccorso valutando le particolari condizioni della strada che stava percorrendo: corso Giovecca, in un giorno feriale e all’ora dell’uscita dei ragazzi dalle scuole. Un contesto che, nelle 36 pagine della motivazione alla sentenza di condanna a un anno (pena sospesa e non men zione) a carico del soccorritore, il gup pone al centro del suo ragionamento.

L'incidente del 2017 in cui ha perso la vita Anna Fabbri, nel riquadro
L'incidente del 2017 in cui ha perso la vita Anna Fabbri, nel riquadro

Il giorno della settimana e l’orario nel quale si è verificato l’incidente mortale, chiarisce il giudice, "indicavano come altamente probabile non solo un incremento rilevant e del traffico veicolare dovuto all’approssimarsi del termine delle attività" ma anche la "presenza di numerosi studenti in frettolosa uscita dalle scuole". Insomma, una condizione della quale il conducente del mezzo di soccorso avrebbe dovuto tenere conto. L’autista, puntualizza il giudice, "sapeva quale fosse l’intensità e il tipo di traffico che poteva incontrare a quell’ora e in quel luogo" e "sapeva che i ciclisti, con elevata frequenza, violano le regole di condotta che li riguarda". Alla luce di questa coincidenza di elementi, in corso Giovecca si è generato un "notevole innalzamento del potenziale rischio di ‘interferenze’" alla luce delle quali avrebbe dovuto conseguire "un corrispondente innalzamento del livello di attenzione e di prudenza" oltre a "maggiori ac cortezze in fase di attraversamento dell’incrocio".  

Con l’aumentare delle difficoltà su strada, è la conclusione del tribunale, il conducente dell’ambulanza, ferma restando l’autorizzazione a violare le norme della Codice della strada, avrebbe dovuto "regolare la propria condotta in misura e modi corrispondenti, arrivando persino ad arrestare la propria marcia qualora la visibilità non gli avesse consentito di attraversare in sicurezza". Non facendolo, chiude Negri, il trentenne alla guida del mezzo della Croce Rossa "ha violato colpevolmente alcun e regole cautelari".  

Nei passaggi finali, la motivazione della sentenza si sofferma poi sul con corso di colpa legato ad alcune violazioni commesse da Anna mentre si trovava in sella alla sua bici. In particolare, la studentessa avrebbe attraversato la strada con il semaforo pedonale verde mentre era "alla guida" dalla bicicletta (quindi senza scendere e procedere a piedi come previsto dalle norme in questi casi) e di non aver lasciato libero il passaggio al mezzo di soccorso, pur non essendoci elementi tali da far riten ere che non avesse visto o sentito le sirene. In buona sostanza, conclude il giudice Negri, Anna "ha occupato l’incrocio a elevata velocità, usufruendo del verde pedonale a fronte del rosso" del semaforo per i veicoli. Un concorso di colpa, secondo il tribunale, sufficiente per concedere l’attenuante all’imputato. © RIPRODUZIONE RISERVATA