«Mio zio Antonioni, artista dimenticato perché scomodo»

La nipote del grande regista ferrarese chiede al nuovo sindaco che venga prestata attenzione all’opera e al genio di Michelangelo

Elisabetta Antonioni mostra una foto che la ritrae assieme allo zio Michelangelo

Elisabetta Antonioni mostra una foto che la ritrae assieme allo zio Michelangelo

Ferrara, 12 maggio 2019

Ferrara città d’arte e di cultura ma senza un museo dedicato a Michelangelo Antonioni. La città del regista che ha lasciato «un’impronta nella cinematografia mondiale» così hanno detto di lui Francis Ford Coppola, Kubrick e Kurosawa, negli anni qualcosa ha fatto: un acquisto, attraverso il Comune, di 45mila opere da lui realizzate, fra pellicole, foto e sceneggiature oggi conservate nell’archivio pubblico che, dopo il terremoto, si trova in via Giuoco del Pallone e non sempre è aperto. Poi una mostra ai Diamanti, nel 2013. Ferrara, fra i capoluoghi italiani più gettonati per chi cerca arte e cultura nel suo tempo libero, manca dunque di un ‘luogo’ da dedicare ad Antonioni, «un regista che è come quel qualcosa che deposita profumi che poi si possono sentire con il tempo» disse di lui anche Tonino Guerra il giorno che a Venezia, durante il la 59° mostra, ci fu la consacrazione di Antonioni come artista. Dopo aver conquistato ogni tipo di riconoscimento nel mondo dell’arte visiva e non solo, è stato anche insignito dieci anni prima di morire, era il 1997, dalla Presidenza della Repubblica italiana della medaglia d’oro di benemerenza per l’arte e la cultura, Ferrara si dimentica di lui. Così la nipote, che si sente la figlia mancata del ‘Maestro’, Elisabetta Alfonsina Maria, lo stesso nome della mamma di Michelangelo, ha sentito un grande bisogno di fare qualcosa per ricordare suo zio, che, da adolescente, andava a trovare a Roma nella casa dei Parioli dove viveva con Monica Vitti. Nel 2011 Elisabetta fonda allora, con il marito Pier Paolo Pedriali, che ne cura la parte giornalistica, l’associazione ‘Michelangelo Antonioni’ che oggi riceve richieste, attraverso il sito web, www.michelangeloantonioni.info, da tutto il mondo.

Elisabetta Antonioni, quando le persone vi chiedono se c’è un museo dedicato al regista come rispondete?

«Dico che c’è un archivio pubblico e per questo serve organizzarsi per tempo per consultarlo».

Perché , secondo lei Ferrara, la città della cultura, non ha ancora dedicato uno spazio ad Antonioni?

«Questa mancanza non mi meraviglia. E penso che tutto dipenda dal fatto che lui non è un artista che si può catalogare da un punto di vista partitico. In tanti lo definirono un regista scomodo per quello che raccontava nei suoi film. Era un uomo libero e sopratutto era aperto al mondo. Un modo di pensare tipico della mia famiglia».

Cioé?

«Penso al film che di fatto fu il suo trampolino di lancio: Cronaca di un amore, del ‘50. In quel film descrisse un uomo che non aveva un lavoro e che per questo motivo aveva anche problemi d’amore. Un modo, mi sembra, fuori dall’ideologia partitica, di dire molte cose...».

Il successo, anche nell’arte, non sempre dipende dalla capacità artistica …

«Non posso sapere come funziona quel mondo perché non l’ho mai frequentato. E fu proprio mio zio ad impedirmelo. In una delle rare volte che venne a trovare papà, suo fratello, mi disse che semmai lo avessi fatto mi avrebbe ostacolato con ogni mezzo perché, mi spiegò, «il cinema è sporco».

Cosa chiederebbe al futuro sindaco per ricordare l’artista?

«Di avere un archivio dedicato. Un luogo aperto per chi vuole conoscere di più la sua figura e anche per chi ha bisogno di studiarlo. E’ un’eccellenza artistica italiana: perché non fare in modo che ciò che ha prodotto sia diffuso il più possibile? Una divulgazione più ampia del suo tipo di cinema, da sempre considerato di nicchia ma che invece così non è, avvicinerebbe alla città anche molta più gente».