"Arquà non deve tornare Aspettiamo il processo"

Il vicesindaco Nicola Lodi dopo l’avviso di fine indagini replica sul caso "Dalle opposizioni mi sarei aspettato un fronte comune: ne va del Consiglio"

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di Federico Di Bisceglie

"Mi aspetterei che la minoranza facesse fronte comune e si opponesse al rientro in aula di Rossella Arquà". Il vicesindaco Nicola Lodi torna a parlare dell’affaire legato alla consigliera comunale a cui la procura contesta "minacce e simulazione di reato" nella vicenda delle lettere anonime e del bossolo. "In questo contesto – prosegue il numero due della Giunta – non stiamo parlando di un reato banale. Bensì di una consigliera comunale che ha ammesso di aver minacciato me e la mia famiglia". Il reintegro della consigliera Arquà scaturisce dalla sentenza del Consiglio di Stato che, ribaltando il pronunciamento del Tar, di fatto le ha riaperto la strada della consiliatura. Dunque si intrecciano i due piani: da un lato quello amministrativo, che fa riferimento alle dimissioni presentate (poi ritirate) dalla consigliera. Dall’altro quello di natura penale che scaturisce da un’inchiesta avviata dalla procura della Repubblica a seguito di lettere anonime arrivate al vicesindaco.

"Capisco che la verità giudiziaria la debba stabilire il tribunale – spiega Lodi – ma prima del reintegro in aula, sarebbe il caso che ci fosse quanto meno una sentenza di primo grado. Così, francamente, potrebbe essere un pericolo per tutti, anche per gli esponenti dell’opposizione, che però sembrano non considerare la gravità del caso per quella che è". La soluzione che Lodi prospetta sarebbe quella che la consigliera "si autosospendesse, in attesa del pronunciamento dei giudici. Allo stato, non ci sono le condizioni, quanto meno dal punto di vista della sicurezza e della serenità dei lavori del consiglio comunale, per un suo rientro in aula". In questo processo, conclude Lodi, "mi batterò fino alla fine". Per quanto riguarda Arquà "l’unica cosa che potrebbe fare sarebbe scrivere una lettera di scuse e attendere, fuori dal Consiglio Comunale, l’esito del processo". A fronte delle contestazioni mosse alla consigliera comunale dalla procura della Repubblica, rompe il silenzio anche il direttore generale del Comune, Sandro Mazzatorta. "La procura – così il dirigente – avrebbe dovuto contestare ad Arquà il reato previsto dall’articolo 338 del codice penale, introdotto da una legge del 2017. Quelle a Lodi non sono semplici, ma minacce rivolte a un componente di un organo politico". "Quando ero senatore – conclude – mi sono battuto a lungo per far emergere il fenomeno delle minacce, delle aggressioni e in casi estremi delle uccisioni agli amministratori pubblici. Va sottolineato che, tutto questo, è stato materia di lavoro per una commissione parlamentare d’inchiesta".