Baby gang a Ferrara, i genitori. "Scortiamo nostro figlio, vittima dei bulli"

Un’altra famiglia denuncia furti e botte. "IL nostro ragazzo è stato costretto a cambiare la sua vita"

Bulli in azione

Bulli in azione

Ferrara, 12 aprile 2018 - Dopo la denuncia del ‘genitore zero’, si moltiplicano le famiglie che prendono coraggio e raccontano la loro odissea con la baby gang di Ferrara. L’incubo degli adolescenti della città estense, quella banda del ‘sotto Mac’ (nome legato al loro punto di ritrovo, sotto i portici di un locale della centralissima piazza Trento Trieste) avrebbe colpito più volte di quante non si pensi.

O almeno questo trapela dai racconti di altri genitori, drammatiche testimonianze di vite stravolte dagli abusi dei bulli. La storia di Alex (il nome è di fantasia) sembra la fotocopia di quella del tredicenne dal quale è partito tutto. Prima il tentativo di furto del cellulare, seguito da una denuncia ai carabinieri, e, infine, la minaccia di morte se non avesse ritirato la querela. Insomma, il modus operandi di quelli del ‘sotto Mac’.

«Mio figlio si è visto costretto a cambiare le proprie abitudini – è lo sfogo della madre di Alex –. Mentre, a quanto ci sembra, questi ragazzi continuano ad agire indisturbati». Anche questa famiglia ha varcato più volte la soglia della caserma. Tre le denunce presentate, prima per il furto poi per le minacce. «La cosa va avanti da circa un mese – prosegue la donna –. Ma, ora più che mai, sento un senso di impotenza e sconforto perché mi sembra che la giustizia in questi casi abbia fatto e possa fare ben poco. Qui non parliamo solo di bulli ma di ragazzini che commettono dei reati veri e propri».

Le indagini sul conto della banda continuano. Al momento, tre di loro sono stati denunciati per rapina e tentata estorsione. Dovranno rispondere dell’episodio avvenuto il 16 marzo ai danni del ragazzino di 13 anni, alunno di una scuola media della città, che ha dato il via a tutto. In quell’occasione, il giovane fu rapinato del cellulare e poi gli venne chiesto un riscatto per riaverlo indietro. Dopo la denuncia, sono partite le minacce. «Se non la ritiri ti ammazzo di botte. So dove abiti, ti cerco anche lì. Ti picchio anche davanti ai carabinieri» sarebbe il tenore delle intimidazioni.

Stessa cosa è successa a questa seconda famiglia, ‘colpevole’ di aver denunciato le persecuzioni sul figlio. «Per sentirsi tranquillo mi ha chiesto di ritirare la querela – conclude la mamma di Alex –. Si sente sempre pedinato. Ha paura che gli possa accadere qualcosa di brutto». Sulla vicenda è intervenuta anche la sociologa Elena Buccoliero, dal 2008 giudice onorario al tribunale per i minorenni di Bologna. «Molti genitori non denunciano questo tipo di reati, invece farlo è il primo passo» spiega.

Già, ma cosa frena al momento di dover sporgere denuncia. L’analisi di Buccoliero è limpida. «Spesso emerge il fatto che i figli si conoscono fin da ragazzi, si pensa ‘sono cose che passeranno’ – prosegue –. Si tende a lasciar correre anziché ottenere una risposta giudiziaria». Invece è importante rivolgersi alle forze dell’ordine, perché «in questo caso qualcosa scatta, anche se si tratta di minorenni: una misura cautelare in comunità o la permanenza in casa, che equivale agli arresti domiciliari. Se più famiglie intervengono nelle forme ufficiali, poi, aiuta: fa capire il disegno criminoso del soggetto».