Bassani e gli Stati Uniti "Un rapporto speciale"

Dalle prime traduzioni alla passione per l’americanissima Pop Art. Un seminario a New York organizzato dall’Istituto e dalla Fondazione

Bassani e gli Stati Uniti  "Un rapporto speciale"

Bassani e gli Stati Uniti "Un rapporto speciale"

di Francesco Franchella

Tradurre significa tradire, ma a volte è necessario. Era necessario, ad esempio, per il giovane e squattrinato Giorgio Bassani, che si faceva assegnare alcune traduzioni di importanti romanzi e racconti per fare qualche soldo in più (ma che non mancava di tradurre per alimentare la sua formazione). Diverse sono le traduzioni dal francese, ma c’è anche qualcosa dall’inglese. Nel 1945, per i tipi di Bompiani, usciva in Italia il best seller americano di James Cain, ‘Il postino suona sempre due volte’, tradotto proprio da Bassani, forse su commissione di Vittorini. Bassani e l’America. Bassani e gli Stati Uniti, nido democratico dal libero sapore, soprattutto per chi, non molto tempo prima, aveva subito l’emarginazione e la messa al bando da parte di un regime.

Al 1943, infatti, risale una traduzione bassaniana di ‘Addio alle armi’, capolavoro di Ernest Hemingway, traduzione che tuttavia non vide mai la luce e che, ormai, si riteneva perduta. Questo fino a poche settimane fa, quando Valerio Cappozzo, associate professor dell’Università del Mississippi, frugando tra le carte dell’archivio degli eredi del poeta, si è imbattuto in un taccuino che conteneva la traduzione manoscritta di Bassani di ‘A Farewell to Arms’, Addio alle armi, appunto. Alcune immagini del taccuino sono state riprodotte e mostrate in anteprima da Cappozzo lo scorso giovedì proprio a New York, all’Istituto Italiano di Cultura. L’occasione consisteva in un seminario, organizzato dall’Istituto e dalla Fondazione Giorgio Bassani, sul rapporto tra l’America e l’autore dei Finzi-Contini. A dirla tutta, al centro del seminario, vi era anche una delle novità più rilevanti degli ultimi anni: l’edizione Feltrinelli delle ‘Poesie’ (2021), curata da Anna Dolfi, accademica dei Lincei che a New York, non senza un certo coinvolgente entusiasmo, ha fornito un’interessante panoramica della genesi poetica bassaniana. Per restare in tema Usa, delle varie raccolte, ‘In gran segreto’ deve molto all’America, all’Indiana e, in particolare, a Bloomington, dove nel 1976 Giorgio Bassani trascorse il semestre primaverile in qualità di Visiting Professor of Italian, su invito di Edoardo Lèbano. Ed è a Bloomington che, ad esempio, Bassani scrisse ‘Dal Campus’, una di quelle poesie tanto influenzate dall’America.

O meglio, dal clima americano, nei suoi pregi e nei suoi difetti. A tal proposito, durante il seminario, il giornalista e scrittore Alain Elkann ha raccontato di quella volta in cui entrarono insieme in un coffee shop e Bassani, una volta notato che le brioche non erano coperte da una campana di vetro, si mise a polemizzare col povero, malcapitato barista: "perché in Italia vanno sotto la campana di vetro". Non sono mancati gli interventi di Fabio Finotti, direttore dell’Istituto, e di Paola Bassani, presidente della Fondazione, che ha ricordato quanto già espresso nell’introduzione alle Poesie Feltrinelli: Bassani amava tanto l’americanissima Pop Art, l’arte del Boom economico. Pop Art che bene si collega a temi bassaniani come la morte e la tomba, primi manifesti dell’elemento più popartistico di Ferrara: il cimitero ebraico, dove lapidi, quasi riprodotte in serie (un po’ come Marilyn Monroe per Andy Warhol) si susseguono tra loro, simili eppure, nella loro decadenza, uniche. Così come unica, e particolarmente diversa dalle altre, è la tomba di Bassani, in fondo al cimitero, un po’ isolata in prossimità delle mura, a protendersi verso nuove frontiere. In questo caso, verso l’America.