Ferrara, 2 agosto 2023 – “Sua madre non seppe mai che Paolino era morto. Le risparmiammo quell’immane dolore negli ultimi anni di vita. Lo pensò sempre in montagna, in quel luogo di vacanza tanto sospirato dove però non arrivò mai".
Oggi sono 43 anni da quando alle 10.25 una bomba rase al suolo la stazione di Bologna e cambiò per sempre la storia del nostro Paese. Ottantacinque croci, oltre 200 feriti, 36 anni di processi (il primo nel 1987), condanne, assoluzioni, sentenze completamente ribaltate, depistaggi, falsi, fino al coinvolgimento di Licio Gelli e della P2, "finanziatore dei Nar e organizzatore della strage" secondo la Procura generale di Bologna.
Tra i morti c’era anche Paolino Bianchi, 49 anni muratore di Castello di Vigarano Mainarda. "Viveva con la madre malata – dice oggi la cugina Liliana Lodi, unica parente rimasta in vita –, erano una cosa sola".
Il 2 agosto 1980 Paolino era in stazione per quale motivo?
"Doveva partire per la montagna, per Arco di Trento, una settimana di cure per problemi ai polmoni. Quei giorni per lui erano l’unico svago, per il resto dell’anno era lavoro e sua madre Ida. Prima di partire si era preoccupato di stiparle la casa di provviste".
Chi vi avvertì della carneficina?
"Quella mattina mio cugino partì prestissimo per Bologna e ogni volta che arrivava a destinazione avvertiva come poteva. All’epoca non c’era internet, non c’erano i cellulari. Dalla radio imparammo della bomba in stazione, poco dopo chiamammo l’albergo di Arco dove però Paolino non era mai arrivato. Così mio suocero partì per l’obitorio di Bologna e tutto fu tragicamente chiaro".
Il riconoscimento della salma fu molto difficile, non è vero?
"Paolino si trovava vicinissimo alla bomba e di lui non rimase quasi nulla, nè il volto, nè un vestito, nè la valigia. Si riuscì a identificarlo da un’unghia nera del piede, qualche tempo prima gli era caduto un sasso sull’alluce. Un episodio che Paolino ci raccontò sorridendo molte volte".
Quando lo sentì l’ultima volta?
"Meno di una settimana prima. Era felice di partire, di staccare un po’ la spina. Era un grandissimo lavoratore ma non si lamentava mai. Diceva: devo farlo per me e per mamma . E prima di salutarmi aggiunse: Liliana pensate voi a lei, torno presto. Il frigo comunque è pieno ".
Mamma che mai seppe della sua morte...
"Il giorno del funerale il feretro si fermò qualche istante proprio davanti alla casa di Ida e Paolino. Io ero con lei, mi guardò e mi disse: chissà chi è morto a Vigarano, sarà una persona importante . Mi si stringeva il cuore ma non potevamo darle un dolore così grande. Era già provata dalla malattia e ogni giorno aspettava il ritorno dalle vacanze del suo Paolino. Ha telefonato? Sta bene? , chiedeva sempre. Per lei quel figlio era tutto dopo la morte del marito".
Sono trascorsi 43 anni, abbiamo tre condanne definitive (gli ex Nar Giusva Fioravanti con la moglie Francesca Mambro, ergastolo; Luigi Ciavardini, 30 anni), per altre due (Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, ergastolo) siamo arrivati in Appello. Tutti e cinque rispondono di concorso in strage. Che idea si è fatta dell’orrore?
"Chi ha pagato veramente lo ha fatto con la vita. Dopo tutto questo tempo non siamo ancora riusciti a mettere la parola fine alla strage".
Si arriverà mai a quella che il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime, Paolo Bolognesi, ha definito ’vera verità’?
"Non credo proprio".
Teme altri depistaggi?
"Lassù, ai piani alti, ci sono troppi... chiamiamoli birichini (sorride amaramente, ndr ) che manovrano i fili. Lo hanno fatto per 43 anni, lo faranno in futuro. E questa è la grande sconfitta di tutto il nostro Paese".