Caccia agli stagionali: a Ferrara garantiti case, gite al mare e bus per fare la spesa

I colossi della frutta accolgono ogni anno migliaia di stranieri. Tra le iniziative corsi di cucina e per la patente. Obiettivo: farli restare

Lidia Baloi, due lauree, ex insegnante. E’ lei che accoglie i dipendenti da Mazzoni

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Ferrara, 18 marzo 2023 – Dagli alloggi ai corsi gratuiti per imparare a prendere la patente, dal pulmino che ti porta a fare la spesa alle lezioni di cucina. I signori dei campi si fanno in quattro per accogliere la manodopera e per trattenerla realizzando veri e propri villaggi, con casette e tutti i comfort. E c’è chi si spinge oltre, quando arriva l’estate tutti in corriera al mare per ristorarsi dalla fatica che porta con sé il lavoro nei campi.

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Aiutati che Dio ti aiuta, è il detto al quale si sono ispirati i due colossi dell’ortofrutta Salvi Vivai e Mazzoni. Non hanno aspettato che lo Stato tagliasse i costi del lavoro. "Campa cavallo" si sono detti e così dalle parole sono passati ai fatti. La famiglia Mazzoni ha ristrutturato l’albergo la Lanterna, simbolo della storia di Tresigallo. Adesso in quegli alloggi viene accolto il personale che arriva soprattutto dalla Romania. Solo un esempio di quello che l’impresa ha fatto per aprire le porte alla forza lavoro, per cercare di impedire che segua le sirene d’oltre confine. "Abbiamo realizzato – spiega Luigi Mazzoni, amministratore dell’azienda fondata dal nonno – oltre 40 strutture per accogliere le maestranze dall’estero". Alcuni di loro, i grembiuli rossi, sono al lavoro ai nastri che selezionano le piantine di fragole. Vengono scelte, refrigerate, partono per raggiungere tutti gli angoli del mondo. Sovrintende alle operazioni Kuba Tulodziecki, l’aria sveglia di chi è abituato a rimboccarsi le maniche. In quel reparto lavorano fino a 280 persone.

Si occupa dell’accoglienza di chi arriva dopo un lungo viaggio alla ricerca del futuro Lidia Baloi, rumena, 46 anni. Ha fatto l’operaia nei campi di fragole, poi la caposquadra. Nel suo paese per 21 anni era la maestra dell’asilo, in tasca due lauree. Fino alla svolta, quando ha messo piede alla Mazzoni. "Ho deciso di restare qui, mi piace il mio lavoro", afferma, gli occhi che luccicano per un traguardo tagliato. A fianco a Luigi c’è Luca Mazzoni, il suo mondo è fatto di capannoni, frutta che attraversa oceani, muri formati da casse di plastica che si innalzano al cielo. Per farlo andare avanti servono braccia, persone che vogliano lavorare. Se li tengono stretti. "Quando c’è la bella stagione – annuncia Lidia – andiamo al mare".

Da Tresigallo a Lagosanto, Salvi Vivai un altro gigante dell’ortofrutta che porta il nome di una famiglia. Da qui fragole, pere, pesche e kiwi partono e vanno in 57 paesi, dagli Stati Uniti all’Argentina, da Hong Kong all’Uzbekistan. Ci sono le casette, al centro una piazza, i panni stesi nel dispettoso sole di marzo. Veronica attacca le mollette, sorride. Viene dalla Romania, quella è diventata la sua famiglia. "La manodopera che non si trova è un problema, da anni. Si è intensificato con il Covid, è diventato strutturale", l’analisi di Silvia Salvi. E’ nata nel marzo del 1966 a Cenate Sotto, Bergamo. E’ al timone della Salvi Vivai. Già quando era bambina ha imparato i due comandamenti della famiglia, lavoro e sacrifici. Comandamenti dettati dal bisnonno Luigi, che nel 1891 con un carretto tirato da un cavallo vendeva mele al mercato. "Da 20 anni il personale italiano manca – riprende –, così ci siamo dovuti ingegnare, abbiamo fatto investimenti". Sono nate le casette, hanno il bus per portare i dipendenti a fare acquisti, dal medico. "Il personale è una risorsa preziosa, noi siamo sempre alla ricerca di dipendenti. Gli italiani continuano a mancare. E’ un peccato, i posti di lavoro ci sono. Facciamo anche la formazione, per insegnare come si lavora nei campi. Anche se poi in alcuni casi proprio quel personale che abbiamo formato se ne va all’estero, qui il costo del lavoro è troppo alto. Di questo dovrebbe occuparsi il governo, così vanno aiutate le aziende".

Marco Solera apre il cancello. Nello spiazzo c’è un box, sopra la porta un cartello in italiano, rumeno e arabo. ‘Ufficio reclutamento’, si legge. Da una finestrella appare Akash Nasser, giovane pakistano. Aiuta gli stranieri come lui, fa loro le pratiche. "Li seguiamo in tutto", dice. Purché non se ne vadano via.