
Colgo l’occasione di un’intervista “impossibile” di Federico Varese (che ringrazio) pubblicata tempo fa sul Carlino come traccia per alcune riflessioni sul percorso politico delle opposizioni in vista delle amministrative del 2024. Nel rispetto del lavoro del Tavolo dell’Alternativa, sono stata coinvolta in confronti sui contenuti del progetto progressista per Ferrara mettendo al servizio del Tavolo e del progetto alcune idee e proposte. Nel giro di qualche settimana il progetto per Ferrara 2024 si è polarizzato sulle persone e ha perso le caratteristiche di un confronto sulle idee, divenendo fonte di tensioni e di ultimatum. In questo modo si rischia di perdere l’idea di costruire insieme una città europea, aperta, inclusiva, attenta all’innovazione e alle transizioni ambientali e sociali. Al centro di Ferrara 2024 devono esserci le persone e le diverse anime della città stessa da coinvolgere.
Tengo particolarmente a precisare che quando mi è stato chiesto di esprimere un giudizio sull’amministrazione Fabbri in relazione a quella precedente, ho sottolineato come da tempo l’elettore avverta la necessità di discontinuità politica tra il passato e il futuro, una discontinuità anche di genere, ma soprattutto generazionale, e di metodo. Mi pare che le scelte fatte dagli elettori nel 2019 (a partire dal non voto) non debbano essere sottovalutate da nessuno e, in particolare, dai componenti del Tavolo dell’alternativa. Ma nemmeno devono essere fonte di timore per ogni cambiamento. Sono i più giovani a fare pressione per riprendere la direzione progressista a partire dalla transizione ambientale attenta all’inclusione da governare anche a livello locale.
Un progetto chiaro è indispensabile per amministrare una città nella prospettiva della crescita: ci sono città – anche più piccole di Ferrara – che con un uso meno effimero e più oculato delle entrate e della spesa pubblica investono in servizi gratuiti per la comunità, come i nidi o il prolungamento dell’orario scolastico, spazi di relazione per le persone meno giovani a cui pesa la solitudine. Altre città che facilitano la vita universitaria con servizi dedicati e biblioteche aperte H24 o che creano centri di progettazione sull’innovazione urbana e digitale, destinando risorse – non alla comunicazione personale del sindaco o della giunta – ma a staff stabili di lavoratori e lavoratrici che scrivono progetti UE e che li attuano in un ambiente sociale non chiuso ed ostile. Per questo credo che alcune iniziative del Comune come il "Passaporto dei talenti" siano esercizi retorici, difficili da mettere in pratica se non si ripensa al ruolo della città come aperta e ospitale, forte e attenta all’attrattività dall’estero perché diventata realmente un modello e motore di innovazione. Mi occupo di lavoro da sempre: mi pare che oggi la questione sia secondaria per la città, arrivi sempre dopo e solo eventualmente come risultato delle politiche, pur necessarie, dedicate al supporto del commercio e del turismo.
E tutto il resto dov’è? Cosa si sta facendo per il futuro delle altre filiere produttive? In generale, manca una progettazione condivisa con i diversi portatori di interesse (sindacati, associazioni delle imprese, realtà più attive come quelle della cooperazione). Credo che l’innovazione debba essere un mantra progressista e che scelte coraggiose debbano essere assunte anche sulla mobilità, ad esempio (il tema è già stato posto dal gruppo di Agenda 2044), sulla rigenerazione urbana (come segnala La Comune) o sul paesaggio o sulle iniziative culturali. Non posso immaginare il futuro di Ferrara ancora al servizio di interessi non sempre trasparenti. Monsterland non è forse stato un rave autorizzato e per di più pagato a caro prezzo?
In vista delle elezioni, la retorica politica della Giunta Fabbri appare più attenta a temi non usualmente praticati come il sociale (anche se non ho trovato una risposta alla lettera aperta delle associazioni a tutela della disabilità che meritava una reazione immediatamente operativa). Ma dare un’ immagine meno muscolare non equivale ad affermare che in Consiglio comunale gli atteggiamenti e il rispetto delle istituzioni e dell’opposizione siano trasformati. Mi pare solo che sia una linea comunicativa che vuole rappresentare un profilo di affidabilità da trasmettere all’elettorato.
Ciò che invece questa amministrazione sta offrendo sono contenuti spiccioli (sagre, festival, show cooking, concerti, eventi, cantieri), ma pecca di lungo respiro e visione, di solida esperienza maturata nei cinque anni di governo da spendere durante la campagna elettorale.
Alcuni inciampi molto recenti lo confermano: la mostra naufragata a Palazzo Diamanti dopo la presentazione ufficiale a Rimini; la vicenda delle dimissioni mancate del direttore generale del Teatro Comunale, che diventa rappresentazione opposta nel giro di una trasmissione tv. In coda della scorsa settimana sono arrivate le verifiche tecniche avviate dal Ministero dell’Interno per la progettazione del Cpr in prossimità dell’aeroporto, un carcere per immigrati.
Il confronto con il Governo nazionale sulle politiche migratorie è destinato a mettere l’amministrazione locale di fronte ai propri slogan. Lavoro da anni sulle politiche dell’immigrazione e, per quanto complesso da comprendere dal punto di vista tecnico, tutti sappiamo che le politiche dei muri e dei cancelli (o meglio sbarre) da sole non risolvono nulla e creano solo tensioni tra i cittadini senza affrontare quei nodi che solo la politica miope non vuole vedere.
Senza una visione di crescita della città, senza alcun investimento economico se non quello (esoso) su un rumoroso turismo mordi e fuggi un Cpr a Ferrara sarebbe un danno enorme: per il quartiere che aspettava un parco pubblico e si ritroverà invece una galera e per una città che sarà sempre più insicura e meno appetibile.
* docente universitaria