Cern, l’acceleratore riparte grazie a Unife

La ripartenza dell’esperimento LHCb, nei giorni scorsi a Ginevra, è anche merito del lavoro svolto dai nostri docenti, studenti e studentesse

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Martedì scorso, dopo uno stop di oltre tre anni, i fasci di protoni del Large Hadron Collider (LHC) del CERN sono tornati a scontrarsi. E lo hanno fatto a un’energia di record di 13.6 TeV. La ripartenza dell’esperimento LHCb è anche merito del lavoro svolto da professoresse e professori dell’Università di Ferrara, Roberto Calabrese, Massimiliano Fiorini, Eleonora Luppi, Luciano Pappalardo e Luca Tomassetti, dai ricercatori e tecnologi della Sezione dell’INFN di Ferrara Mirco Andreotti, Wander Baldini, Concezio Bozzi, Angelo Cotta Ramusino, Stefania Vecchi, dagli assegnisti Carmen Giugliano, Marco Guarise, Benedetto Siddi, dai dottorandi Edoardo Franzoso, Sofia Kotriakhova, Shinichi Okamura, Barbara Passalacqua, Ben Couturier e da studentesse e studenti dell’Università di Ferrara.

Il contributo ferrarese ha permesso il completo rinnovamento dell’esperimento LHCb con lo scopo di aumentare la velocità di acquisizione dei dati di un fattore dieci, arrivando a 40 milioni di acquisizioni al secondo. Il gruppo ha preso parte alla costruzione del rivelatore di muoni e allo sviluppo e costruzione del nuovo rivelatore di luce Cherenkov (RICH) e del sistema a bersaglio fisso (SMOG2). Il coinvolgimento dei fisici ferraresi si estende anche agli ambiti di selezione e analisi dati e allo sviluppo di sistemi di calcolo e gestione dei dati. L’esperimento LHCb studia principalmente i decadimenti di particelle contenenti quark di tipo “beauty” ed è uno dei quattro grandi esperimenti al LHC situato circa 100 metri sotto terra al confine franco-svizzero. Il gruppo di Ferrara ha contribuito al nuovo rivelatore RICH occupandosi dello sviluppo, dei test e della caratterizzazione della nuova elettronica di Front-End e dei nuovi fotorivelatori. In particolare, a Ferrara sono stati testati e caratterizzati più di 33000 circuiti integrati denominati CLARO, più di 4200 schede per l’elettronica di front-end e più di 1200 celle elementari, che costituiscono gli elementi fondamentali del nuovo rivelatore. Superate le procedure di controllo di qualità i singoli componenti sono stati inviati al CERN per essere assemblati e testati nuovamente prima dell’installazione finale al sito di LHCb. Anche in questo caso il gruppo di Ferrara ha preso parte alle attività di installazione e messa in opera.

Il sistema a bersaglio fisso SMOG2 è stato progettato e realizzato nell’officina meccanica di Ferrara, utilizzando la grande esperienza del gruppo ferrarese e con la collaborazione e supervisione dei Professori Paolo Lenisa, Giuseppe Ciullo e dell’Ingegner Vittore Carassiti. SMOG2 rappresenta un unicum nel panorama di LHC perché grazie ad esso è possibile riprodurre un esperimento a bersaglio fisso producendo delle collisioni tra il fascio di LHC e diversi tipi di gas. Il sistema consentirà di effettuare misure di precisione di sezioni d’urto d’interesse astrofisico e di studiare le interazioni forti mediante collisioni protone-nucleo.