"Cidas, mai chiesto di punire il lavoratore"

Inchiesta per concussione, la versione di Lodi: "Azioni commesse per inesperienza. Nessun dolo. Continuo a lavorare per la città"

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di Federico Malavasi

"Non ho mai chiesto di punire il dipendente della Cidas né di cacciarlo. Ho sempre lavorato con la cooperativa e i rapporti con il Comune sono ottimi. Ho chiesto solo di valutare per lui un posto diverso rispetto all’ospedale, cioè il luogo pubblico in cui mi ha insultato". Dopo giorni di reazioni alla notizia del ‘fine indagini’ sulle presunte pressioni per spostare un dipendente della Cidas, il vicesindaco Nicola Lodi (unico indagato per concussione) ha deciso di illustrare in maniera più approfondita la sua versione dei fatti.

Lodi, lei parla solo di un invito a valutare uno spostamento. Non le pare che sia un po’ riduttivo, tenendo conto anche del suo ruolo politico e amministrativo?

"Non c’era alcuna minaccia in quella lettera. Le pare che se avessi voluto ricattare qualcuno lo avrei fatto via mail? La procura fa il suo lavoro ma io dormo sonni tranquilli".

Negli ultimi tempi sono state diverse le ‘tegole’ piovute da via Mentessi. Come la sta vivendo?

"Dal campo nomadi al runner, fino alla Cidas erano tutte vicende note e attese. Si tratta di atti che ho compiuto tra il 2019 e il 2020. All’epoca ero inesperto e tutti sanno che non sono mai stato amministratore prima. Mi assumo le mie responsabilità per azioni fatte senza dolo e forse a causa dell’inesperienza. Ma ora ho assunto un atteggiamento più moderato e lavoro con contegno istituzionale".

L’inchiesta sulla Cidas sembra essere quella più ‘spinosa’, sia a livello di pene previste che a livello di ripercussioni politiche. È preoccupato?

"No. I miei legali lavorano da mesi. Siamo davanti a un metodo con il quale la sinistra mi vuole intimidire a suon di esposti e usando la magistratura".

In questi giorni ha mai pensato di fare un passo indietro dalla sua carica?

"Mai. E vorrei tranquillizzare l’opposizione: continuerò a fare il vicesindaco. Mi difenderò ma senza farmi distrarre nel mio lavoro quotidiano per la città".

La persona offesa dice di aver esercitato solo critiche nei suoi confronti.

"Dare dell’idiota a una carica istituzionale è critica politica? Per mesi ha usato nei miei confronti parole non proprio pacifiche. In questi giorni viene fatto passare come un santo, cosa che però non sembra essere. In generale, da quando sono stato eletto, non faccio altro che ricevere offese, minacce e auguri di morte a me e alla mia famiglia. Questo è il vero fascismo. E, su quest’ultima vicenda, devo registrare un’altra lezione di ‘democrazia’ della Cgil. Mi chiedo perché mi attacchino sempre su questioni personali e mai sul mio lavoro".

Tornando al caso Cidas, perché ha mandato quella mail?

"Ero andato a Cona per ringraziare la Cidas per il suo lavoro in piena pandemia. E sono stato insultato. Temevo che risuccedesse. Così ho scritto al presidente. Ma, ribadisco, non ho chiesto di punirlo. Bastava un semplice richiamo informale. Non avrei nemmeno denunciato".

Poi però ha mandato una seconda lettera. Ci spieghi.

"Ho capito che non era cambiato nulla e che lui stava continuando. Così ho scritto di nuovo al presidente. Ma non gli ho certo detto io quali toni usare né cosa fare".

Cosa si aspetta dai prossimi passi giudiziari?

"Ne uscirò indenne. Credo che questa vicenda abbia una piccola lacuna che verrà colmata in corso d’opera. Chissà che, strada facendo, non possa essere chiamato in causa qualcun altro".

Chi per esempio?

"Questo lo si vedrà nelle sedi opportune".

Per la vicenda del campo nomadi il sindaco Alan Fabbri si è subito schierato al suo fianco con la sua solidarietà. Sulla Cidas non si è espresso. È cambiato qualcosa?

"Tra noi c’è fiducia reciproca e la solidarietà non si esprime solo sui social. Tutta la giunta è al mio fianco. Ora attendiamo i prossimi sviluppi".