Clan nigeriani, l’esperto "Mafiosità evidente, monopolizzavano il Gad Non è finita, torneranno"

Varese: "Sentenza importante, controllavano il mercato della droga. Ma non basta a sradicare il fenomeno, ora interventi a lungo termine. Tema sottovalutato dalla sinistra? Dibattito stucchevole, andiamo oltre".

di Federico Malavasi

Federico Varese, professore di criminologia, cosa ci insegna la sentenza che ha condannato i 17 imputati accusati di far parte del clan mafioso nigeriano dei Vikings?

"È una sentenza importante, frutto di un’indagine molto ricca. Il lavoro degli inquirenti ha dimostrato che a Ferrara c’era un controllo monopolistico del mercato della droga da parte di un gruppo, che in certi casi entrava in conflitto con un clan rivale. E questo è uno dei segni che caratterizzano la criminalità di stampo mafioso".

A Ferrara si è dibattuto a lungo sul fatto che i Vikings potessero essere definiti ‘mafia’. Ora una sentenza lo certifica. Era prevedibile?

"Possiamo dire che in questo gruppo erano evidenti da subito due dei tre elementi che contraddistinguono le mafie dalla criminalità comune. Il primo è appunto la tendenza al monopolio e a combattere la ‘concorrenza’. La seconda è la struttura: i Vikings erano organizzati in maniera gerarchica. Che fosse mafia era abbastanza ovvio".

Qual è il terzo?

"Il legame con la politica e i ‘colletti bianchi’, con il conseguente passaggio dagli affari illegali a quelli legali. Un aspetto centrale delle mafie classiche. È un salto che però i Vikings non hanno fatto. Questo li ha resi più facili da smantellare, essendo ancora in una fase ‘nascente’".

Chi dubitava della mafiosità del clan si soffermava sull’estrema povertà di alcuni imputati, incompatibile con la loro capacità di movimentare importanti carichi di droga, o sul fatto che le vessazioni non uscissero dai confini della comunità. Che ne pensa?

"A Londra la mafia cinese taglieggia e controlla la propria comunità. Ma è una mafia. Le gang che controllano lo spaccio a Chicago hanno membri, soprattutto ai bassi livelli, che vivono con i genitori perché non possono nemmeno permettersi una casa. Non ritengo che l’etnia delle vittime o la ricchezza degli affiliati siano criteri adeguati per stabilire la mafiosità di un gruppo".

Perché i Vikings hanno messo radici proprio qui?

"Non è una risposta facile. Si possono però fare due ipotesi".

Sentiamo.

"Primo, Ferrara gli dava la possibilità di rimanere ‘sottotraccia’. In città non c’era ancora una forte attenzione delle autorità giudiziarie per questi fenomeni. Secondo, in città la domanda di droga è alta, essendo sede di un’Università importante con iscritti in costante crescita".

Queste condanne possono diventare un colpo di grazia per i clan?

"La mafia è un fenomeno sociale, economico e politico. Una sentenza non basta a sradicarla. Si riorganizzeranno, qui o altrove. I giudici hanno fatto il loro lavoro. Ora tocca alla società e alla politica lavorare per ridurre il rischio con interventi sociali, aggredendo la domanda di droga e creando ponti con la comunità nigeriana".

Il verdetto ha rinfocolato il dibattito politico. La destra accusa gli avversari di aver sminuito il problema, la sinistra parla di "sciacallaggio". Da osservatore esterno, ci fu una sottovalutazione del fenomeno?

"Credo sia tempo di andare oltre l’uso strumentale della questione e di trovare soluzioni di lungo periodo. Spero che la campagna elettorale sia l’occasione per superare questo stucchevole dibattito e confrontarsi con le cose concrete da fare. Il fenomeno non è scomparso. Serve un dialogo costruttivo, senza demonizzare nessuno".