Omicidio Branchi, "Forzati giurò: vi porto dai killer, datemi una pistola e due uomini"

Parla il fratello di Willy: «Sta emergendo una verità più grande di noi»

Willy Branchi

Willy Branchi

Ferrara, 28 ottobre 2014 - «Quello che sta emergendo è qualcosa di veramente grande. Più grande di noi». Luca Branchi, fratello maggiore di Willy, il 18enne ammazzato barbaramente la notte del 29 settembre 1988 a Goro da mani ancora oggi ignote, ha una certezza: «Più andiamo avanti, più emergono indizi importanti e più Goro è con noi. Mi fermano per strada, mi chiamano, tutti hanno voglia di arrivare alla verità. Tutti vogliono scoprire chi, a distanza di 26 anni, ha ammazzato mio fratello e soprattutto perché».

Il paese si mobilita, tutta una comunità è pronta a seguire Luca e la sua famiglia. «Mercoledì (domani, ndr) — spiega Branchi — distribuiremo volantini per chiedere alla gente di parlare. Molti commercianti mi hanno assicurato che li appenderanno alle vetrine dei loro negozi e bar. Chi sa qualcosa di quella notte, deve dirlo, è arrivato il momento». I difensori (l’avvocato Bianchi e l’investigatore Tuzzi) domani saranno in paese per ricostruire le ultime ore di vita del ragazzo e per ascoltare chi avrà qualcosa da raccontare. «Inoltre, — continua il fratello — stiamo organizzando una grande manifestazione, una fiaccolata per la verità. E lì ci saranno istituzioni, associazioni e, sono convinto, tutta Goro».  Poi l’indagine difensiva, gli elementi usciti negli ultimi sette giorni: telefonate, lettere, incontri confidenziali e quelle due inquietanti pagine, lasciate sabato sotto la porta della Securiteam, di una vecchia rivista omosessuale degli anni ’80. «Sono choccato — riprende Luca — da quello che sta emergendo. Non ho paura di ciò che uscirà, bensì di quello che potrebbe esserci sotto. Io con Willy ci abitavo e spesso ci giravo, mai ho avuto sentore che potesse essersi imbattuto in giri strani».

Torna il nome di Valeriano Forzati, il killer spietato del Laguna blu, indagato, processato ma poi prosciolto per l’omicidio Branchi. «Forzati non è stato. Appena scarcerato, — confida Luca — tornò a Goro, si precipitò dai carabinieri e disse: datemi una pistola e due uomini, vi porterò io dagli assassini. Ma non venne ascoltato. Lui, nonostante le accuse, non si tirò mai indietro e cercò di portare le indagini verso la verità». Il volto del 18enne venne trovato in condizioni agghiaccianti. Oltre al foro di 15 millimetri sotto lo zigomo, provocato dal colpo di una pistola usata nei macelli, che non risultò mortale, la testa venne massacrata con una violenza inaudita. «Se uno picchia in quel modo così atroce, il giorno dopo ha ancora i segni sulle mani. Forzati non aveva nemmeno un livido. Poi i vestiti di mio fratello — aggiunge —, si vociferò che vennero trovati nel giardino di Forzati. Agli atti non vi è traccia». Al ‘colonnello’ vennero sequestrate tre tute da lavoro, con una delle quali venne visto probabilmente la sera del 29 quando uscì dalla pizzeria Biolcati assieme a Willy. Anche su quella non venne ritrovata nemmeno una macchia sospetta.