Ferrara, coniugi uccisi. Le intercettazioni dei due amici. "Non tradirmi"

Le parole sussurate in caserma tra Riccardo e Manuel dopo la mattanza. "Che cosa ti hanno chiesto? Dimmelo, sbrigati..."

Coppia uccisa a Pontelangorino, il figlio e l'amico

Coppia uccisa a Pontelangorino, il figlio e l'amico

Ferrara, 14 gennaio 2017 - «Che cosa ti hanno chiesto? Dimmelo, sbrigati...». «Dove siamo stati, che cosa abbiamo fatto, se avevo la febbre. Tranqui». «Quindi, tutto quello che ci eravamo detti prima? Oh, mi raccomando Manu mica tradirmi...». È notte fonda a Comacchio, quella tra martedì e mercoledì. Ma in caserma tutte le luci sono accese e nella piccola sala d’aspetto siedono, da soli, Manuel Sartori e l’amico Riccardo Vincelli, 17 e 16 anni. 

Nella villetta della vicina Pontelangorino, medico legale e Scientifica sono ancora alle prese con i rilievi sui cadaveri di Nunzia Di Gianni e Salvatore Vincelli, padre e madre del sedicenne. Uccisi nel sonno con un’accetta e una furia mai vista prima. «Manuel, mi raccomando», sussurra ancora l’amico ignaro che qualcuno sta ascoltando quelle loro conversazioni. Nessuna lacrima da chi ha appena perso i genitori nonostante continui a raccontare di averli trovati all’ora di pranzo nel sangue e con la testa in due sacchetti. «Me li hanno uccisi in una rapina, aiutatemi». Eccolo l’ultimo tassello per scardinare l’enorme bugia dopo l’orrore. «Erano più preoccupati che affranti», spiegano gli investigatori che già avevano in mano una serie di prove schiaccianti, come le numerose impronte dell’Adidas numero 41 di Manuel nella stanza del delitto e sul letto dei Vincelli. O le numerose incongruenze su orari, luoghi, spostamenti, sms. Proprio Manuel alle 5 è crollato, nell’ultimo interrogatorio. Riccardo un’ora dopo. «Siamo finiti. Finiti».

La loro nuova vita adesso è il carcere. Il gip Luigi Martello, ieri pomeriggio ha convalidato entrambi i fermi per il duplice omicidio aggravato dalla premeditazione e dall’uso dell’ascia da falegname. Riccardo la mente, Manuel il braccio. Al Pratello sono in due celle separate, guardati a vista giorno e notte, inzuppati di calmanti per renderli tranquilli. Raccontano che Manuel non faccia altro che piangere, Riccardo invece no. In silenzio, a tratti quasi impassibile con quel male dentro che lo ha portato a studiare ogni dettaglio della strage. «Li voglio morti, mamma e papà devono morire. Manuel tu mi aiuterai e io ti pagherò». Ottantacinque euro subito, mille a giochi fatti. 

Le giornate nel carcere minorile di Bologna passano tutte tremendamente uguali. Sveglia alle 8, colazione, scuola, attività ricreative. Poi il pranzo, ancora attività per tenere occupata la testa e fare passare il tempo, doccia, cena e di nuovo in cella a dormire. Due piani (il secondo chiuso da tempo), sedici stanze, ognuna da tre o quattro posti. Per tutto il tempo, esclusa la notte, i giovani detenuti sono ‘liberi’ per l’edificio. Gli uni in mezzo agli altri. Non Manuel e Riccardo, al momento. Troppo presto. Eppoi non possono assolutamente incontrarsi, parlarsi, confidarsi. C’è il pericolo di ritorsioni per il patto tradito. Proprio per questo il gip ha deciso che uno dei due – dovrebbe essere Riccardo – prestissimo sarà spostato in un altro carcere per ragazzini.

«Manuel è sconvolto, si sta rendendo conto di quello che è successo», ha spiegato dopo l’udienza l’avvocato Lorenzo Alberti Mangarani Brancuti. In via del Pratello c’erano anche i genitori del 17enne, che lo hanno incontrato brevemente. «Ha sbagliato, è pentito – hanno detto in lacrime –. Non ha ucciso solamente Nunzia e Salvatore ma anche se stesso e tutta la nostra famiglia. Ma non lo lasceremo solo. È nostro figlio e gli vogliamo bene nonostante tutto». Poi sul movente il padre si è lasciato scappare un laconico «lo sappiamo noi il perché». Manuel si è fatto ‘comprare’ da Riccardo, ingolosire da quel gruzzolo mai visto. Lui che a settimana aveva 15-20 euro in tasca, l’altro maneggiava banconote da 50 e 100 rubate dalla valigetta di papà per mostrare poi vestiti nuovi, telefonini e i-pad di ultima generazione. «Questi ragazzi vanno aiutati – chiude l’avvocato Gloria Bacca per Riccardo – e il carcere non è la soluzione». 

Chi erano Nunzia e SalvatoreLa fiaccolata Selfie macabri alla villetta - Il cane di famiglia adottato dalla cameriera - Le indagini del Ris