Coop 'Vivere qui' sotto inchiesta. "Viaggi e vestiti firmati coi soldi dei migranti"

Sotto la lente i vertici della cooperativa, una ex dipendente Asp e un dirigente della prefettura. L’accusa: "Sottratti 400mila euro". Cinque indagati

L'inchiesta

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Ferrara, 19 febbraio 2021 - Quattrocentomila euro di fondi pubblici sottratti in maniera indebita e controlli inadeguati sulle strutture di accoglienza per migranti. Sono queste, in estrema sintesi, le principali contestazioni formalizzate dalla procura nei confronti dei cinque indagati dell’inchiesta denominata ‘Ventisette e cinque’, dall’ammontare della quota che spettava alle società per ogni singolo straniero ospitato. L’attività, condotta dalla guardia di finanza e coordinata dal pubblico ministero Andrea Maggioni, è arrivata a conclusione nei giorni scorsi. I destinatari dell’avviso di fine indagine sono Thomas Kuma Atongni, Beatrice Nathalie Djoum, Eva Rosa Lombardelli (rispettivamente presidente, vice presidente e consigliere della cooperativa ‘Vivere qui’), Valentina Marzola (all’epoca dipendente dell’Asp) e Vincenzo Martorano (dirigente della prefettura). I reati ipotizzati a vario titolo sono truffa aggravata, falso e inadempimento di contratti di pubbliche forniture per i responsabili della cooperativa e abuso d’ufficio per i due funzionari pubblici.

Le spese

Secondo le accuse, i vertici della cooperativa – che gestiva cinque centri di accoglienza (Cas) tra Poggio Renatico e Vigarano – avrebbero utilizzato parte del denaro ottenuto per i migranti (i famosi ventisette euro e mezzo a testa) per spese personali, come viaggi, computer, televisori, vestiti firmati e pranzi al ristorante. Questo, sempre secondo le contestazioni, anche attraverso prelievi ingiustificati di contanti e, soprattutto, senza stornare queste uscite dalla contabilità della coop. Così facendo, scrivono gli inquirenti, avrebbero distratto soldi pubblici e ingannato Asp e prefettura, facendosi versare una cifra maggiore rispetto a quella che effettivamente gli sarebbe spettata per la gestione dei richiedenti asilo. Il tutto a scapito dei servizi per i migranti e per un ammontare complessivo, tra il 2015 e il 2018, di 407mila euro (52mila per acquisti ritenuti estranei al progetto di accoglienza e 354mila di prelievi di contanti non impiegati correttamente).

I registri

Stando alle ricostruzioni delle fiamme gialle, presidente, vicepresidente e consigliera della ‘Vivere qui’ avrebbero inoltre alterato i registri delle strutture, ‘ritoccando’ le presenze giornaliere nei vari Cas di propria competenza. Manovre che avrebbero quindi indotto l’Asp a deliberare a favore della società somme che non le spettavano. In particolare, avrebbero registrato come presenti richiedenti asilo assenti o addirittura soggetti non inseriti nel progetto di accoglienza. In totale, sarebbero stati erogati oltre diecimila euro sulla base di fatture ritenute non veritiere.

Le strutture

‘Vivere qui’ sarebbe inoltre venuta meno ai propri obblighi contrattuali violando le norme previste dalla Convenzione per la prima accoglienza dei richiedenti asilo. Nei Cas gestiti dalla cooperativa gli inquirenti avrebbero riscontrato "gravissime carenze igienico sanitarie" con infestazioni di topi e scarafaggi e contaminazione del cibo destinato agli ospiti. Mancanze sono state evidenziate anche dal punto di vista degli alimenti, del vestiario e del cambio delle lenzuola. Non sarebbero poi mancate criticità sul fronte della sicurezza, con carenza di estintori, presidi medici ed elettrodomestici. Nei confronti degli amministratori della cooperativa, il tribunale della Libertà ha disposto la misura cautelare del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.

I ‘controllori’

Alla (ormai ex) dipendente dell’Asp e al dirigente della prefettura viene invece contestata la scarsa efficacia dei controlli nei confronti dei Cas in questione. In particolare, sempre secondo le accuse, avrebbero avvisato in anticipo dell’arrivo dei controlli oltre a non adottare le adeguate contromisure in presenza di anomalie e irregolarità. Avrebbero infine "suggerito" di ritoccare i ‘presenziari’ e, in un caso, di compilare in maniera non veritiera una richiesta di permesso per l’allontanamento temporaneo dalla struttura.