"Coronavirus, malata a casa per 12 giorni. Niente tampone per i familiari"

Ferrara, la Consulta popolare per la difesa del San Camillo è sul piede di guerra

Coronavirus, aumentano i casi nel Ferrarese (foto d'archivio Ansa)

Coronavirus, aumentano i casi nel Ferrarese (foto d'archivio Ansa)

Ferrara, 29 marzo 2020 - La Consulta popolare per la difesa del San Camillo è sul piede di guerra per un caso di presunta malasanità che, sostiene, in tempi di covid-19, può costare nuovi contagi all’intera comunità comacchiese. E, nel frattempo, ha rischiato di uccidere una donna di 65 anni, ricoverata all’ospedale di Cona dopo 12 giorni di febbre, tosse e difficoltà respiratorie curate a distanza con tachipirina. Oggi la donna, colpita dal virus, è in terapia intensiva, sottoposta a ventilazione ma ai suoi familiari non è stato praticato alcun tampone per stabilire l’eventuale positività alla malattia né, sostiene Manrico Mezzogori, sono stati posti in quarantena.

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"Dopo quasi due settimane al medico curante non è venuto in mente che potesse essere qualcosa di diverso da una semplice influenza - si chiede Manrico Mezzogori attivista della Consulta –? La cosa peggiore è che, una volta stabilita la positività al virus, non siano stati fatti i tamponi ai familiari né siano stati messi in quarantena. È una cosa folle". È furioso.

"Da quasi 50 giorni il bombardamento televisivo fa sì che anche un bambino sia in grado di riconoscere i tipici sintomi del virus pandemico – continua – mi chiedo perché il medico, a fronte del persistere del quadro clinico accusato dalla signora, non abbia attivato le procedure di verifica". Ci hanno pensato gli amici della Consulta. "Tre giorni fa, informati della situazione, abbiamo chiamato i numeri di emergenza come previsto dai protocolli nazionali e regionali – spiega – il presidente, Giovanni Gelli, ha passato due ore al telefono prima di intercettare un operatore libero. Spiegata la situazione si sono messi in contatto con i famigliari della paziente ai quali hanno dato appuntamento telefonico dopo 2-3 giorni". Il tempo, in un caso come questo, non è galantuomo.

"Alle 11 di sera, la figlia delle signora, che non abita sotto lo stesso tetto, ha rotto gli indugi e chiamato il 118 – racconta –. L’ambulanza è arrivata in un attimo, la paziente è stata ricoverata nel reparto di malattie infettive senza tanti preamboli. Il giorno dopo è arrivato il responso del tampone: contagio da Covid-19 e trasferimento in terapia intensiva". Terribile ma evidente. "I familiari hanno chiesto di essere sottoposti al tampone come da prassi e la risposta è stata ‘no’ – prosegue – è stata giustificata dal fatto che si fa solo a chi presenta sintomi". Per Mezzogori è follia: "È così che si diffonde il virus".