FRANCESCO FRANCHELLA
Cronaca

Corteo e cerimonia in cattedrale. La benedizione dei drappi : "Una competizione che unisce"

Emozione per l’evento di apertura del mese che accompagna le contrade fino alle gare di piazza Ariostea

Emozione per l’evento di apertura del mese che accompagna le contrade fino alle gare di piazza Ariostea

Emozione per l’evento di apertura del mese che accompagna le contrade fino alle gare di piazza Ariostea

L’ingresso dall’estremo transetto a far fronte all’altare maggiore della cattedrale dei parroci delle chiese locali, recanti ognuno il foulard della contrada di appartenenza, è forse l’emblema più significativo dell’avvio del Palio. Le loro tuniche bianche, sobriamente suggellate dai colori di borghi e rioni, riassumono il senso del rito della benedizione dei Palii e dell’offerta dei ceri: oltre a rievocare la storia, con un’essenziale nota di folklore (è sempre questo lo scopo finale del Palio), anche compendiare l’annosa separazione tra vita spirituale e temporale. Ed è il fatto che il Palio sia di tutti – laici e chierici, donne uomini giovani e meno giovani, neofiti e vegliardi – che lo innesta, senza dubbio alcuno, nell’ampio e dibattuto concetto di "patrimonio". In questo solco, è soprattutto la marcia di figuranti a determinare, con l’autorità della tradizione, l’ansia collettiva, in fondo piacevole, di respirare il classico clima che, pur non avendolo vissuto, chiunque percepisce come proprio: si tratta del miracolo di ritornare, per qualche ora, al principio della civiltà estense. Così succede in piazza Trento e Trieste, dove turisti e comitive di cellulari infiocchettati con la smania di fotografare distolgono l’obiettivo dal prospetto di Nicholaus, rivolgendolo alla processione di dame e cavalieri, paggi e armigeri, musici e sbandieratori, riversati all’improvviso su corso Martiri della Libertà. Direzione, cattedrale di San Giorgio. Il suono di tamburi e trombe si fa via via più vicino. In lontananza si ammirano i primi vessilli: prende forma dai riverberi del sole il gonfalone del Palio estense.

Dietro, qualche autorità marcia con ordine, tradendo suggestione e sentimento. Subito dopo, finalmente i quattro Palii: quello rosso di San Romano, quello verde di San Paolo e quelli dei due patroni, San Maurelio (bianco) e, il più ambito di tutti, San Giorgio (giallo). Seguiamo l’incedere del corteo nel suo ingresso in cattedrale: i palii passano il bassorilievo col santo cavaliere e avanzano lentamente lungo la navata centrale, sistemandosi davanti all’altare, ai piedi dell’abside col Giudizio Universale di Bastianino. La Corte ducale reca cesti con offerte: pane ferrarese, frutta, fiori. A turno, i figuranti di borghi e rioni, prendono posto, in attesa di consegnare i ceri subito dopo la benedizione dei Palii.

Anche i parroci coi foulard delle contrade prendono posto, insieme a don Massimo Manservigi, uomo di Palio, pronto a pronunciare la sua omelia, rivolto alla platea composta da colori diversi (e rivali): "Nulla più di voi, pur nella diversità di casacca e nel vivace spirito di competizione, è sinonimo di unità nelle differenze e nulla più di voi è specchio della nostra società. Anche questo è un modo per essere Chiesa, per essere comunità, per essere tutti sotto lo stesso cielo: oggi quello del Cristo di Bastianino; tra poche settimane, quello di piazza Ariostea, la piazza Nova, con il suo inconfondibile profumo di vittoria. E allora che si rinnovelli sempre il grido ‘Este viva!’ ma soprattutto ‘Donne e uomini del Palio viva!’". Adesso sì, che il mese del Palio può cominciare.