"Cuneo salino, ecco il nostro Mose" Una barriera per fermare il mare

L’opera verrà realizzata alla foce del Po per impedire la risalita. Si corre ai ripari dopo la grande siccità

Migration

di Mario Bovenzi

Sarà un po’ come il Mose, ma non verrà innalzato per fermare l’acqua alta e proteggere Venezia. Le barriere, alla foce del Po, serviranno per salvare il Delta e la provincia da un altrettanto temibile fenomeno, quello del cuneo salino. Che la scorsa estate ha tolto il sonno agli agricoltori, ai consorzi di bonifica e a chi gestisce la rete degli acquedotti. Nei giorni in cui più drammatica era la siccità, mai così basso il Po, devastanti gli effetti del grande fiume ridotto ad un rigagnolo. Ci fu chi alzò gli occhi al cielo, chi recitò preghiere, processioni si snodarono fino agli argini. Opprimente le calura. Non servì se non per la breve parentesi di qualche goccia d’acqua caduta dispettosa. Nessuno vuole rivivere quei giorni, quei lunghi mesi. E quando le preghiere non bastano si innalzano le barriere.

Ma le speranze hanno un costo. In soldoni – di questo si tratta – per la barriera antisale che dovrebbe essere realizzata sul Po di Pila (Rovigo), agli estremi confini del Delta servono 20 milioni di euro. Spiega Meuccio Berselli, direttore dell’Aipo, per anni segretario dell’Autorità di Distretto del Po. "Quando la portata del fiume è troppo bassa, il mare penetra, entra, l’acqua salata filtra nelle falde". Una minaccia che abbiamo toccato con mano, nell’avanzare delle chiazze arse come bolle nel terreno. Prima a Comacchio, poi Ostellato, Berra, ancora più avanti. A Pontelagoscuro. Un pericolo per l’acqua nelle case, per l’irrigazione dal riso al mais. Da qui l’uovo di Colombo, come quelli che a Venezia si posano sul campanile. "La maxi barriera mobile – riprende – impedisce il passaggio dell’acqua salata dal mare verso il fiume, in un percorso a ritroso". Ma se il Mose è il modello, si spera che i tempi siano diversi da quell’opera che si è trascinata anni tra proteste e costi lievitati alle stelle. Non sarà così. "La fase di progettazione si estenderà nell’arco di un anno, poi ci vorrà un altro anno per realizzare l’opera – riprende il direttore dell’Aipo –. Le mie sono solo proiezioni, siamo ancora agli inizi, tutto deve essere definito, esaminato, vagliato". Come le soluzioni tecniche. Quella che prevede la realizzazione di una serie di pannelli semoventi o addirittura di barriere gonfiabili. "Siamo agli albori – ci tiene a precisare –, ma disponiamo di tecniche all’avanguardia". Un ruolo cruciale avranno in questo percorso i consorzi di bonifica. "L’opera verrà realizzata a Pila, in Polesine perché – dice – quel tratto è uno dei punti più fragili quando si verifica l’avanzamento del cuneo salino". Ci sono dei precedenti, non sono confortanti. L’impresa fu già tentata. Negli anni ’80 e 90’ la realizzazione di barriere antisale alle foci del Po di Gnocca e del Po di Tolle fu fallimentare a causa della risalita repentina. Oggi non si possono ripetere quegli errori. Il progetto fa parte di una serie di proposte che l’Autorità del Fiume Po ha inviato al ministero delle Infrastrutture. Commenta il segretario generale Alessandro Bratti: "La finalità è la tutela delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali. Con la salvaguardia dal rischio idraulico". L’insegnamento della grande siccità. "A beneficiare di quest’opera – sottolinea – sarà tutta l’area lungo l’asta del Po". Già sono stati stanziati 500mila euro per la progettazione. Ora bisogna trovare il grosso del finanziamento. "E’ l’imperativo, i tempi poi – ribadisce Bratti – non saranno lunghi". Anzi. Un ruolo chiave avrà il consorzio di bonifica Delta del Po, presidente Adriano Tugnolo, direttore generale Giancarlo Mantovani. Che dovranno, come si dice in gergo, pedalare. Sul piatto la salvaguardia del Delta.