
Dai campi allagati (ingentissimi i danni alla qualità Abate) all’improvviso calore. "Clima ormai desertico" "Sembra di coltivare in un parcheggio". Alcuni agricoltori estirpano gli alberi da frutto: "Non conviene più".
"Clima estremo, quasi desertico. Siamo passati nell’arco di una manciata di giorni dalla pioggia continua a temperature africane, roventi. Il terreno prima zuppo d’acqua è ora un crostone, sembra cemento. E’ come coltivare nel parcheggio Kennedy. E’ le piante non ce la fanno più, sono stressate". Così parla Filippo Pallara, 33 anni, l’impresa di famiglia, alberi da frutto a San Martino, la porta della città. Ieri pomeriggio era in campagna. "Non riusciamo a preparare il terreno, è troppo arido, rischiamo di spezzare gli attrezzi", dice il vicepresidente Coldiretti. Stanno cercando di mettere alcune piantine di pere. C’è chi ha deciso invece si estirpare gli alberi sotto i colpi del clima folle, estremi del cambiamento. Corrado Fantini, nell’azienda le bandiere di Confagricoltura, i terreni a San Bartolomeo e San Nicolo di Argenta. Davanti ad una perdita dell’80% di pere abate ha messo la marcia, ganci e catene del trattore attaccati ai tronchi. "Fino all’altro giorno gli alberi da frutto erano immersi nell’acqua, le radici in un pantano. E abbiamo perso quasi tutte le pere. La caduta di parte dei frutti è un fenomeno naturale, ma quest’anno gli alberi sono rimasti spogli. Come fai a lavorare così". Il morale sotto gli stivali, la forza comunque di resistere. "L’azienda è stata fondata da mio padre, da 20 anni la porto avanti io. Abbiamo fatto passi da gigante. Ma devi fare delle scelte, non puoi fare sacrifici per poi trovarti senza raccolto, senza nulla in mano". Sbalzi termici improvvisi, la stagione della pioggia che lascia il posto all’aria che brucia la frutta e la nuca, appena oltre la camicia. Vittime eccellenti le pere, ormai ex punta di diamante delle nostra agricoltura. Dal 2013 al 2022 si è passati da 22mila ettari a 15mila. E nel 2023, lo scorso anno, adesso si continua ad estirpare. Non solo le pere. "Questo clima come ha effetti sulla nostra salute così li ha sulle piante. I frutti sono in difficoltà, più o meno tutte le colture ne risentono. Pare che il grano si stia salvando, ma fino all’altro giorno soffriva. A bagno per giorni. E ci sono le patologie fitosanitarie che con i cambiamenti climatici aumentano, mutano volto", interviene Stefano Calderoni, a capo di Cia-agricoltori italiani, presidente del consorzio bonifica Ferrara, vicepresidente Anbi (Associazione nazionale dei consorzi). Vive l’emergenza da una doppia veste. Di chi la terra la coltiva, di chi a quella terra deve dare acqua.
"Siamo passati – la cronaca di questi ultimi, estremi giorni – da un’inarrestabile onda di pioggia a temperature record. Ne soffrono tutti. Noi, la campagna. In poco tempo da quella massa d’acqua che impregnava la terra siamo passati alle irrigazioni. Non c’è bisogno di scorrere le statistiche, basta andare tra i filari, camminare per strada. Situazione opposte in un giro d’orologio. Già la neve si sta sciogliendo, le riserve idriche a repentaglio". Danilo Tamisari è il presidente della sezione frutticola di Confagricoltura, presidente Codifesa. "Le pere, un disastro. Perdite dell’80%, una catastrofe che nessuno si aspettava. Eravamo partiti bene, poi tutta quell’acqua. Giorni e giorni di pioggia". "Giugno, 31 gradi. Una follia", scuote la testa Alessandro Visotti, direttore Coldiretti. "E’ presto per una stima dei danni, il grano si è ripreso. Certo le pere hanno pagato uno scotto fortissimo alle follie del clima", le parole di Paolo Cavalcoli, direttore di Confagricoltura. Dita incrociate, la speranza un vortice d’aria più fresca. Non sarà così. Almeno fino a domenica.
Mario Bovenzi