Ferrara, tossici e bivacchi a un passo dalla stazione

Alcuni senzatetto vivono tra i palazzoni mai conclusi di via Scalambra. All’interno tracce di incendi, rifiuti e occupazioni

Ferrara, negli angoli si formano cumuli di immondizia (Businesspress)

Ferrara, negli angoli si formano cumuli di immondizia (Businesspress)

Ferrara, 15 ottobre 2018 - Tra gli scheletri di acciaio e mattoni di via Scalambra c’è una vita che corre sull’orlo dell’abisso. Senzatetto, tossicodipendenti e sbandati di varia natura hanno trovato rifugio in una zona abbandonata da anni, a un passo dalla stazione ma, apparentemente, distante anni luce dall’esistenza della città. Ciò che resta di quella decina di palazzi iniziati e mai finiti, di proprietà di un’impresa, è il riparo ideale per chi vive ai margini. I movimenti, giorno e notte, vengono captati dalle antenne dei residenti di via Scalambra e via Maffi.

Un via vai furtivo che scivola tra i palazzi costeggiando la ferrovia o attraversando una fessura aperta nella rete metallica che circonda l’eterno cantiere. Una volta varcata quella soglia, il degrado regna sovrano. Il silenzio è spettrale, ma sin dal primo istante si ha la sensazione di essere osservati. Alcuni cittadini ci fanno da guida. Superiamo le prime palazzine, troppo visibili dalla strada, poi ci addentriamo in un edificio più spostato verso il canale Boicelli. E qui troviamo le prime tracce di quella vita invisibile.

Un sentiero tracciato da scarpe ignote nell’erba mai tagliata tradisce l’ingresso nella cittadella degli ultimi. A terra i segni del bivacco sono evidenti. Vestiti, bottiglie, cartoni di latte, mozziconi di sigaretta, tubetti di dentifricio e resti di cibo. Per salire ai piani superiori le scale sono buie e pericolose. Non lontano dai gradini ci sono le trombe che avrebbero dovuto ospitare gli ascensori, buchi neri senza alcuna protezione. Al secondo piano troviamo il primo appartamento abitato. La stanza è piena zeppa di coperte. Giacigli improvvisati che navigano in un mare di immondizia. Avanzi di cibo, bottiglie di birra e cartacce. Sul pavimento scintillano decine di ritagli di carta stagnola, utilizzati per fumare eroina o cocaina.

Nel rifugio ci sono due giovani. Uno trema e fatica a reggersi in piedi. Li sorprendiamo un attimo prima di ‘farsi’. La bottiglia di plastica dotata di cannuccia e ricoperta di carta argentata, pipa rudimentale per inalare lo stupefacente, è già pronta. «Stiamo andando via» dicono colti di sorpresa dalla nostra presenza. Facciamo qualche domanda. «Ho 21 anni e sono di Ferrara – ci dice uno di loro –. Non ho un posto in cui andare. Lavoro? Ero in campagna. Ma ora la stagione è finita». Il suo compagno di stanza è polacco. La vita, stando alle sue parole, non gli ha risparmiato nulla. «Questa? È cocaina. Uno schifo da cui vogliamo uscire» giurano non si sa se per convincere noi o loro stessi. Gli lasciamo un biglietto con alcuni numeri utili, nel caso volessero farsi aiutare. Ringraziano, ma appena ci voltiamo sono già chini sulla pipa e la stanza si riempie di un fumo irrespirabile.

Il nostro viaggio prosegue verso gli ultimi palazzi del blocco. Un abitante ci vede arrivare. Scompare dietro il foro di una finestra, esce e si fionda verso la ferrovia. Questa zona è il paradiso dei graffitari. Le pareti sono piene di murales e i pavimenti ricoperti da bombolette spray vuote. Anche qui le tracce di vita sono evidenti. Sacchi a pelo, indumenti, stanze adibite a latrine. La scala per salire ai piani superiori dell’ultimo palazzo è stata murata. Ma qualcuno ha aperto un passaggio. Praticamente invisibile per chi non sa come muoversi. In questa zona i pericoli si moltiplicano. A terra si aprono le fenditure del sistema di scolo e delle rimesse, mai coperte con le grate metalliche. Vere trappole se non si sa dove mettere i piedi.

Sulla rampa di un garage sono accumulati chili e chili di polistirolo, in parte bruciacchiati. In tutta l’area ci sono tracce evidenti di incendio. Atti vandalici o fuochi accesi per scaldarsi e poi sfuggiti di mano? Difficile dirlo. Rimangono le conseguenze: muri anneriti, plastica liquefatta e mattoni sgretolati. Mentre usciamo c’è già chi vede all’orizzonte l’ombra di un nuovo Palaspecchi. Esagerazione? Forse. Resta la realtà di un microcosmo invisibile, nascosto tra carcasse di cemento e disperazione, in bilico sulla soglia della città.