Delitto Bergamini, in aula le scarpe "Nessun segno di trascinamento"

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Un paio di scarpe Tod’s consumate lateralmente "come capita spesso ai calciatori e non certo per il presunto trascinamento del corpo per 60 metri" ha sottolineato in aula l’avvocato Fabio Anselmo, legale di parte civile. Una catenina d’oro e un orologio Seiko praticamente intatti. Sono alcuni dei reperti di cui ieri la procura di Castrovillari ha chiesto l’acquisizione. Si tratta di scarpe, orologio e catenina che Denis Bergamini indossava quel maledetto 18 novembre del 1989 quando il suo corpo senza vita fu recuperato sulla statale Jonica, a Roseto Capo Spulico, lì dove il suo cadavere è stato trasportato dopo l’omicidio. E’ ripreso ieri dopo la pausa estiva il processo che vede la ex fidanzata del calciatore argentano, Isabella Internò, accusata di concorso in omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. La Corte di Assiste di Cosenza ha ammesso l’acquisizione dei reperti. "Le condizioni delle scarpe, così come della catenina d’oro e dell’orologio, praticamente intonsi nonostante fossero indossati da in presunto suicida, trascinato per sessanta metri – ha sottolineato Anselmo – fanno riflettere perché materializzano l’incongruenza e l’impossibilità della versione dell’imputata". Cioè che Denis quella sera dopo averle detto che si sarebbe suicidato, avrebbe camminato lungo la statale per poi gettarsi "a tuffo" sotto un camion in transito. Se così fosse stato sostiene da sempre l’accusa, quei reperti avrebbero dovuto riportare segni ben diversi. Nell’udienza di ieri sono state ascoltate come testimoni dell’accusa Natalina Rende e Adelina Romano, sorella e moglie di due factotum del Cosenza che morirono in un misterioso incidente stradale un anno dopo la morte di Bergamini, accaduto più o meno nello stesso punto dove fu trovato il corpo di Bergamini. In particolare la Rende ha dichiarato che il fratello aveva recuperato le scarpe dall’obitorio di Trebisacce, unico reperto che non era stato riconsegnato ai familiari. Si torna in aula il 26 settembre prossimo e tra i testimoni ci sarà anche padre Fedele Bisceglia. Mentre in quella successiva, a ottobre, saranno i carabinieri del Ris di Messina a raccontare come scoprirono che in realtà Bergamini era morto per soffocamento e non per traumi da schiacciamento.

Cristina Rufini