"Denis, io non mollo finchè non avrai giustizia"

Il toccante messaggio di Donata Bergamini, nel 31esimo anniversario della morte del fratello Denis: "Chi ti ha ucciso non ha pagato"

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Dopo trentuno anni ancora non ha un nome il responsabile dell’assassinio di Denis Donato Bergamini (foto), il calciatore originario di Boccaleone che all’epoca del delitto aveva soltanto 27 anni. Il fatto nuovo rispetto ad allora è che si è avuta la certezza che si è tratto di un assassinio e non di un suicidio, come era stato ipotizzato dagli inquirenti e avvallato dalla fidanzata Isabella Internò, finita nel novero degli indagati assieme al camionista che aveva investito il corpo del giovane quando era già cadavere. Questi sono i fatti accertati da un’autopsia realizzata tre anni fa, dopo una lunga battaglia legale della sorella Donata e dall’avvocato della famiglia. Il corpo di Denis era stato riesumato dalla tomba di famiglia, nel cimitero di Boccaleone, e poi eseguita l’autopsia da un luminare con tecniche di avanguardia. Il calciatore "suicidato", come si intitola il libro inchiesta di Carlo Petrini, morì il 13 novembre in Calabria, su una piazzola a 70 chilometri da un cinema di Rende, dove la sua squadra, il Cosenza, stava guardando un film. Con un pretesto fu indotto a uscire dal cinema, attirato in un luogo appartato, dove si consumò la tragedia. I genitori e i familiari non si sono mai arresi, né accettato una verità di comodo. Si sono sempre scontrati contro un muro di gomma, fino all’arrivo dell’avvocato Fabio Anselmo, che ha preso le redini della vicenda e ha portato all’attenzione delle autorità nuovi elementi per riaprire il caso. La sorella Donata, ieri nell’anniversario della morte del fratello l’ha ricordato con un post commovente su Facebook. "Sono passati 31 anni, era il 13 novembre 1989 l’ultima volta che abbiamo parlato, che abbiamo sorriso, che abbiamo cenato insieme. Quella sera una telefonata ti sconvolse, ricordo la tua reazione, non potrò mai dimenticarla. Era il 18 novembre 1989: ucciso e infangato; 13 novembre 2020: chi ha sbagliato, chi ha mentito, chi ti ha ucciso ancora non ha pagato, eppure la verità è uscita". E conclude con un’esortazione e una speranza: "Voglio credere nella giustizia, lo voglio per te, lo voglio per chi indossa con onestà un camice, una divisa o una toga, lo voglio per tutti noi. E sia chiaro: io non mollo".

Franco Vanini