"Denis quella notte fu ucciso" Sarà processata la ex fidanzata

Isabella Internò, 51 anni, ieri è stata rinviata a giudizio per concorso in omicidio premeditato con l’aggravante dei futili motivi. Processo al via il 25 ottobre per la morte avvolta da dubbi dal 1989

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di Cristina Rufini

FERRARA

Sono dovuti trascorrere trentadue anni e due indagini archiviate prima che un giudice avesse quantomeno il dubbio che Donato Denis Bergamini quella notte di novembre del 1989 non si è suicidato, ma è stato prima ucciso e poi gettato in strada dove è stato schiacciato da un camion. Già morto. Delitto atroce di cui oggi è imputata la ex fidanzata, allora diciannovenne, Isabella Internò, che ieri è stata rinviata a giudizio per omicidio premeditato, con l’aggravante dei futili motivi. Il calciatore del Cosenza, argentano di origine, quella dannata notte non si sarebbe gettato ’a tuffo’ sotto il camion di Raffaele Pisano, per togliersi la vita. Il suicidio, secondo il castello accusatorio del pm di Castrovillari, Luca Primicerio, è stata una messinscena della ex fidanzata che non aveva accettato la fine della loro relazione, andata avanti tre anni, tra alti e bassi. Ricostruzione che quantomeno ha instillato il dubbio nel giudice dell’udienza preliminare Fabio Lelio Festa, che ha disposto il rinvio a giudizio dell’Internò per concorso in omicidio premeditato, con l’aggravatene dei futili motivi. Sposando in pieno la ricostruzione che il pm Primicerio ha vergato nelle migliaia di pagine dell’informativa. Lungo la Statale 106 Joinica, all’altezza di Roseto Capo Spulico, Bergamini non si sarebbe suicidato, ma sarebbe stato prima narcotizzato e poi soffocato, forse con un sacchetto di plastica in testa. Quando ormai era già senza vita, il suo corpo adagiato sull’asfalto in attesa che qualche mezzo lo investisse per simulare un suicidio. Ma in concorso con chi? Ignoti. Non si è stati in grado di risalire a chi fossero "quei due uomini" che la sera del 18 novembre di 32 anni, qualche testimone ha detto di aver notato lungo la strada insieme all’imputata. A processo va soltanto la Internò, la quale in tutti questi anni di indagini ha sempre negato di avere ucciso l’ex fidanzato. Quel bel calciatore con cui aveva iniziato una burrascosa relazione quando ancora era minorenne, e del quale l’anno precedente la morte era rimasta incinta. Figlio mai nato, dopo l’aborto cui la giovane allora si sottopose a Londra.

Il tranello. Quel 18 novembre 1989 Bergamini – secondo quanto ricostruito dall’accusa in aula – rimasto al Cosenza nonostante l’offerta del Parma, è in ritiro con la squadra. E’ al cinema, in un momento di pausa dagli allenamenti, insieme ai compagni, ad un certo punto durante la proiezione di allontana e dice alla maschera che sarebbe rientrato di lì a poco. Non va così. Qualche ore dopo, il suo corpo, schiacciato solo in una parte del fianco, viene trovato lungo la Statale Jonica. Denis era stato contattato poco prima dalla sua ex per un chiarimento definitivo. Poi le, disperata e in lacrime, raccontò che dopo una lite in auto, lui era sceso dall’auto in silenzio e si era incamminato lungo la Statale, per poi ad un certo punto gettarsi a tuffo in strada al momento del passaggio del camion.

Le inchieste. L’autista Raffaele Pisano, all’epoca, fu indagato per omicidio colposo, inchiesta poi archiviata. Una ricostruzione sempre contestata dai familiari di Bergamini, dal padre Domizio e dalla sorella gemella Donata. Proprio lei ha combattuto come una leonessa per tutti questi anni, fino a quando nel 2011, anche a seguito del deposito di una perizia del Ris di Messina che, per prima, accertava che Bergamini, non era morto per le lesioni da schiacciamento, ma per asfissia, come dimostrerebbe lo stato deigli alveoli polmonari. La Procura di Castrovillari, quindi, decide di riaprire un fascicolo di inchiesta dove finiscono indagati la Interno, per omicidio, e il camionista Pisano, per favoreggiamento. Ma anche questa indagine finisce in un nulla di fatto e nel 2015 arriva l’archiviazione. La seconda. La sorella Donata non si dà per vinta e insieme all’avvocato Anselmo torna a chiedere nel 2017 la riapertura che viene concessa nel 2017 dall’allora pm Eugenio Facciolla. A luglio 2017 viene poi riesumato il cadavere del calciatore, trovato ben conservato. "Quel corpo parla" cerca disperatamente di dire la consulente della difesa al marito della vittima, in una intercettazione finita nell’informativa. Quel corpo ha parlato e ha detto di essere stato soffocato. Il 25 ottobre comincia il processo.