NICOLA BIANCHI
Cronaca

Detenuta trans stuprata in cella, le indagini e i video: “In 4, attirata con l’inganno”

Il Garante: “Nessun nome per paura”. Due inchieste aperte, all’Arginone e in Procura contro ignoti. Al vaglio i video dei corridoi. I sindacati incontrano il prefetto: “L’Arginone scoppia, prima o poi il morto. Ci mandi l’Esercito”

Detenuta trans stuprata in cella: due indagini aperte. Al setaccio i video delle telecamere di sicurezza

Detenuta trans stuprata in cella: due indagini aperte. Al setaccio i video delle telecamere di sicurezza

Ferrara, 30 giugno 2025 – Ci sono i video delle telecamere interne del carcere, quelle che ’guardano’ i corridoi, al vaglio. Si osservano i movimenti dei detenuti che entrano ed escono dalle celle. Perché proprio in una di queste sarebbe avvenuto lo stupro di una detenuta trans da parte di quattro persone. “Mi hanno attirata con l’inganno – ha spiegato lei, poco più che quarantenne italiana, all’Arginone da fine marzo –, invitandomi per un caffè. Poi mi hanno tenuta ferma e violentata”.

Ci sono due indagini che stanno cercando di fare luce su quello che, qualora venisse confermato dagli inquirenti, sarebbe l’ennesima vergogna per l’intero sistema carcerario: una interna all’Arginone, l’altra in Procura contro ignoti. Roberto Cavalieri, garante regionale dei detenuti, ha fatto partire la prima segnalazione alla direttrice del carcere e conseguentemente la denuncia.

“Martedì 24 giugno – spiega – la detenuta transgender mi ha chiamato. Erano le 21.30, era stata autorizzata dall’Arginone a farlo”. Tra i due – così come con la garante comunale Manuela Macario – da settimane erano iniziate telefonate e incontri. “Proveniva dalla sezione per trans di Reggio Emilia, trasferita per problemi con altre detenute”. Ma a Ferrara, carcere di massima sicurezza per soli uomini, non si sentiva al sicuro.

“Temeva di essere violentata – confidava ieri al Carlino la Macario –, era già stata palpeggiata nei corridoi e pesantemente ripresa”. Il 16 giugno aveva incontrato di persona Cavalieri: “La vidi su sua richiesta per il trasferimento. C’erano però due problemi: riportala a Reggio e con il Dap. La richiesta, comunque, era stata formalizzata immediatamente”.

I movimenti dei detenuti tra Emilia Romagna e Marche li dispone il provveditore, altrove invece è compito del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. In Italia esistono sei penitenziari con reparti adatti a transgender: Rebibbia, Napoli Secondigliano, Como, Ivrea, Belluno e appunto Reggio. E se da qui “venne trasferita per ordine e sicurezza” dal provveditore, per eventuali altri penitenziari si attendeva una pronuncia del Dap, cosa che ad oggi non è mai arrivata.

Così è finita all’Arginone, settore 4, per ’protetti’ dove ci si trova di tutto, anche chi ha commesso reati su fragili: “Ci sono ragazzi 18enni con adulti, disabili in celle con altri, trans con detenuti uomini”. Insomma, continua Cavalieri, “è stato come mettere la nitro con la glicerina”. Si torna poi alla telefonata del 24: “Lei era molto arrabbiata, spaventata e soprattutto restia nel parlare. Non mi fece nomi, solo riferimenti logistici. La vicenda – confida – deve essere appurata, le telecamere riprendono i corridoi e non l’interno delle celle”.

Intanto, mentre il caso ben presto è diventato nazionale, con la senatrice Ilaria Cucchi pronta a denunciare “uno Stato non più sinonimo di tutele, ma sempre più spesso di carenze, ritardi, buchi neri”, i sindacati della Penitenziaria, alcuni giorni fa, hanno incontrato il prefetto per chiedere l’utilizzo dell’Esercito per turnazioni e controlli.

“La nostra amministrazione penitenziaria – chiosa Roberto Tronca, segretario provinciale Sinappe – ci ha abbandonato. Ci siamo così rivolti al prefetto, persona stimatissima, per chiedere l’aiuto dei militari ad esempio nei controlli sul muro di cinta o per recuperare qualche uomo. Almeno fino a fine anno. Il carcere è una polveriera, abbiamo 400 detenuti su una capienza di 243, ormai è saltato tutto e il caldo di questi giorni non fa che accrescere la rabbia. Se nessuno farà niente, prima o poi qualche collega ci lascerà la pelle”.