Sold out per "Din Don Down – Alla ricerca di (D)io", il nuovo spettacolo con Paolo Ruffini e gli attori della Compagnia Mayor Von Frinzius che stasera, alle 21, è al Teatro Nuovo per poi proseguire per Milano e Roma.
Disabilità e teatro
"Quando il pubblico vede una persona disabile pensa prima alla disabilità, al ‘poverino, guarda quanto è bravo’. Noi abbiamo rovesciato questa situazione"
Cioè?
"Tutti gli attori che lavorano con noi fanno a teatro cose che forse sarebbero molto più difficili per delle persone non disabili. Le persone ‘normali’ hanno disabilità alla leggerezza, alla meraviglia, al prendersi un po’ in giro, cosa che invece chi lavora con me non ha. Sono autoironici, leggeri, gioiosi di andare in scena, che ci siano 10 o 10.000 persone. Sulla disabilità penso che la vera integrazione, inclusione, arriverà quando, come cerco di fare io, non distingueremo più il fatto che un attore sia più o meno disabile. O che questo sia sottolineato per creare pietismo"
Ci parla del senso dello spettacolo?
"E’ sulla ricerca del sacro e anche di Dio con la D tra parentesi, che molto spesso è la ricerca dell’io e rispetto al voler essere onnipotenti e perfetti in questo momento storico in cui decidiamo le vite tramite elementi social più che sociali. L’intelligenza artificiale non è Dio. Lui ha una marginalità anche di accettazione dell’imperfetto che la perfezione artificiale non ha"
Dio e politically correct, come si fa?
"Il politicamente corretto credo che sia una delle cose più volgari dei tempi moderni. Quando iniziammo a fare un teatro disabile era già una sfida. Si aggiunge anche quella legata al fatto che abbiamo deciso di affrontare questo tema. Penso che Dio sia un grande tema che l’arte ha sempre affrontato. Non capisco perché nel 2024 gli artisti non debbano affrontare questa sfera. Sono tempi in cui microfoni e luci sono sulla platea e noi dobbiamo occuparci sempre che qualcuno non si offenda ma penso che sia legittimo per un artista fregarsene. Sono molto felice del fatto che questo prodotto artistico abbia la possibilità di esprimersi, che abbia successo e raccolga un consenso lusinghiero".
Laura Guerra