Dio odia il peccato, ma ama il peccatore in modo sconfinato

Il contesto in cui si inserisce il vangelo di questa domenica è molto particolare. Siamo al termine della cena di Pasqua, a poche ore dall’arresto, processo e condanna di Gesù. Giuda è uscito per andare a pianificare la cattura del Maestro. Gli altri discepoli sono anche loro sconcertati e disorientati: per tre anni hanno seguito Gesù riponendo in Lui speranze e attese, letteralmente messianiche, che Gesù ha disatteso e deluso. Fra poco i soldati lo cattureranno, i suoi amici più stretti lo abbandoneranno e quello che avrebbe dovuto essere la roccia, Pietro, si sgretolerà, giurando e spergiurando che lui non conosce e non ha nulla che fare con il Nazareno, checché ne dica il suo accento. Gesù sa bene che ha i minuti contati e decide di fare testamento. Pronuncia un discorso in cui consegna agli apostoli le sue ultime volontà: "che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). In questo brano sembra rispondere alla domanda che all’inizio della sua predicazione, dopo il battesimo, due discepoli gli rivolgono: "Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?" (Gv 1,38). Non è una casa fatta di mattoni e cemento, ma è fatta di carne: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". La casa sono io e ogni volta che faccio un gesto di amore, faccio ‘stare comodi’ Gesù e il Padre. Non ha importanza che voglia o meno pianificare e compiere una buona azione: ne sono capace, perché sono immagine e somiglianza di Dio che ama senza misura ogni uomo, indipendentemente dalle azioni che compie: Dio odia profondamente il peccato, ma ama sconfinatamente il peccatore. Amando Gesù sarò capace di vedere l’altro come abitazione di Dio, specialmente se è una persona ammalata, richiedente asilo, profuga, prigioniera, che ha subito violenza, affamata, assetata e povera, perché Gesù è stato tutto questo. Dio non è un inquilino ingombrante e pretenzioso. Si mette in disparte in attesa di essere invitato e, nel momento in cui lo facciamo, renderà il monolocale del mio cuore il più grande e maestoso palazzo reale, capace di accogliere chiunque ne abbia bisogno, perché i primi ad avere piena dimora nel cuore di Dio siamo proprio noi.

Marcello Panzanini