
Mauro Corona in montagna insieme alla figlia Marianna
Una mente limpida con un animo profondo. Un uomo che dietro alla barba e alla montagna nasconde una piccola stella alpina e qualche speranza. Mauro Corona, scrittore e uomo della televisione, sarà stasera a Ferrara con la figlia Marianna per l’incontro ‘Quando la natura ispira: un viaggio tra scrittura, montagna e vita’, alle 20.30, a Grisù.
Una domanda che non le hanno mai fatto.
"Quanto c’è di finto nella sua vita e dove invece la realtà?".
Risponda a quella allora.
"Mi sento che devo proteggermi dalle mie insicurezze. Di finto c’è un 85%. Ma di vero c’è quel 15% che ho espresso nel libro ‘Le altalene’. Non sono arrogante o maleducato, quella è finzione. In questi lavori ho rivelato chi sono".
Dove trova la natura nella sua scrittura?
"Per me natura è quello che ci circonda. Ho trovato medicina e riparo, una garza che mi curava le ferite. L’umanità crede che natura e umanità siano separati, ma non è così. Ecco perché distruggendo la natura facciamo male a noi stessi. Io ho un caratteraccio, a me piace estraniarmi, fuggire, là dove mi sento in pace. Ma la colpa è mia".
Lei ha spesso descritto la montagna come maestra di vita, ma non ha mai nascosto i suoi demoni interiori. È possibile che la natura, da sola, non basti a salvarci da noi stessi?
"Non servirebbe addirittura. È una dipendenza se chiediamo alla natura di salvarci. Deve lenirci le ferite, ma ci dobbiamo salvare da soli. Se chiediamo di salvarci non abbiamo capito nulla".
Scrivere della montagna è un atto estetico o etico? In un mondo fatto per i social, ha ancora senso scrivere di silenzio e solitudine?
"L’estetica senza etica diventa cosmetica. Io scrivo di quello che conosco, se fossi stato nel deserto avrei parlato di sabbia. Sono nato in un paese erto, ripido, e ho usato ciò che il luogo mi offriva. Mi sono fatto piacere cose che avevo attorno. Per quanto riguarda il silenzio, soprattutto adesso ha senso. Ma non in modo nostalgico. Si deve scrivere della solitudine per salvare una memoria perduta e una civiltà personale, per soddisfare quantomeno il nobile sentimento della curiosità".
Con sua figlia Marianna che messaggio vuole lanciare?
"Io non vorrei lasciare messaggi. Accompagno mia figlia che, dopo una terribile esperienza, sta per ritornare alla vita. Lo spunto che voglio lanciare è quello di non perdere tempo, perché non ne abbiamo".
Quale paura nasconde il personaggio di Mauro Corona?
"Quella di morire, ma è inevitabile. L’importante è vivere facendo ciò che piace. Uno potrà anche fare le sue otto ore lavorative al giorno, in ufficio, ma quando torna a casa deve essere appagato da ciò che lo circonda. Per me questo senso di completezza deriva dalla natura. Io mi circondo di circondo di ciò che mi piace e mi fa stare bene".