Ferrara, la donna pescatrice: "Le quote rosa? No, fatica e lavoro"

Dania Del Momo, 37 anni, lavora nel settore da quando aveva 20 anni: "Facevo il mozzo a mio padre Se mia figlia Giulia vorrà fare questo mestiere le dirò: ’Fai pure ma sappi che è un mestiere difficile’"

Dania Del Momo (foto di Fabiana Bellettato)

Dania Del Momo (foto di Fabiana Bellettato)

Ferrara, 11 aprile 2022 - Quando ha cominciato ad andare a pesca si contavano sulle dita di una mano le donne che uscivano in mare per raccogliere dal fondo un fiume di vongole. Era allora - siamo negli anni Ottanta - una miniera d’oro, un filone che luccicava di gusci e speranze. "E’ come una torta, più gente ci mangia più le fette diventano piccole", suonano come una sentenza le parole di Dania Del Momo, 37 anni, la tuta di gomma che arriva fino al petto nell’acqua limacciosa della sacca. E’ stata una delle prime donne a scegliere questo mestiere, aveva 20 anni e faceva un po’ da mozzo al padre, Alessandro. "Mi ha insegnato tutto lui", dice. Adesso è lei al timone della barca, la sua barca che ha chiamato Tigre: è lui l’equipaggio, lei il capitano. Sua figlia Giulia, sei anni, si è gia messa la tuta di gomma due volte. "Se da grande vorrà fare il mio mestiere, le risponderò con le parole che mi ha detto tanti anni fa mio padre. Per salire su una barca bisogna avere voglia di lavorare, è un mestiere difficile".

Molte donne vogliono andare a pesca, non sono mancate cause legali di ragazze che si sono sentite escluse da questo mondo. Lei cosa ne pensa delle quote rosa?

"Faccio fatica a rispondere. Ci sono donne che salgono sulla barca perché al timone ci sono mariti e fidanzati, sono poche quelle che vanno da sole. Così come ci sono ragazzi che pensano che andare a pescare sia una passeggiata, che tutto sia loro dovuto. Nemmeno questo comportamento è corretto. Credo che alla fine le quote, per usare questo termine, vadano garantite a chi crede veramente in questo mestiere. A chi si rimbocca le maniche per lavorare, ogni santo giorno. Il lavoro è un diritto, che va guadagnato con il sudore della fronte. Questa è per me l’eguaglianza, che va garantita a uomini e donne".

Lei come ha fatto a diventare pescatrice?

"Questo lavoro me lo sono guadagnato tutto. Ho fatto la domanda e ho dovuto attendere due anni perché allora le donne che andavano a pesca non erano benviste. Mi sono dovuta appellare all’assemblea dei soci per avere il via libera. Ai ragazzi della mia età invece venivano aperte le porte, spalancate!".

Come si svolge la giornata di una donna in laguna?

"Io sono nata a Goro, ma mi sono trasferita a Berra dove vivo con mio marito che ha un impiego del tutto diverso. Così mi devo sorbire anche una trentina di chilometri per andare sul porto. D’estate ci si sveglia verso le 3 o le 4 del mattino per andare per mare quando è ancora fresco. Faccio parte della cooperativa Rosa del Mare e ogni sera ci viene comunicata la quota di mitili che possiamo prelevare il giorno dopo, quota che può variare di volta in volta".

Dicono che le donne si sono avvicinate a questo mondo quando il lavoro è diventato più leggero grazie alle nuove macchine e tecnologie...

"Non so quanto questo sia vero, quello che so è che quando ho cominciato io era veramente faticoso, tiravi tutto a mano. Due sono i modi di pescare. Con la rasca e in quel caso entri in mare con la tuta. L’altro con la barca, quando il mare è più profondo. Ma il lavoro non è solo questo, devi selezionare le vongole. Quelle che non sono a misura vanno rigettate in acqua"

Cosa dicono le sue amiche?

"Chi lavora in ufficio magari sei o sette ore al giorno mi dice: beata te che fai una manciata di ore. Beh... vorrei vedere loro su una barca".

Rendono ancora le vongole?

"Il guadagno va a momenti. C’è stato il momento dei soldoni, poi tutto è cambiato. Adesso hai un sacco di spese, per il carburante, la barca, la burocrazia. Sono veramente tanti i costi ".

Quant’è cambiato il mestiere?

"Tanto, mi ricordo ancora quando ti trovavi in mezzo alla nebbia nella laguna, attorno il nulla. L’unico modo per orientarsi era una bussola, l’unico punto di riferimento erano gli insegnamenti di mio padre".

Cambierebbe lavoro?

"No, mai. Mi dispiace un po’ che non posso più fare la cameriera. Prima pescavo e poi andavo anche a lavorare nei ristoranti. Adesso mi dedico alla mia bambina, alla mia gioia"

Di cosa va fiera?

"Di essere diventata una pescatrice, di essere riuscita a comprare la mia barca. E della mia bambina".