
Ieri la prima call tra società e dipendenti con la promessa di pagare i debiti entro pochi giorni. Ma sono pronte decine di lettere di diffida. E il Comune punta sulle concessioni: revoca o decadenza? .
BianchiLa vera Spal, l’originale, scomparve con i Pagliuso nel 2005. La sua prima copia fece altrettanto nel 2012, era la Spal 1907 di Butelli, poi condannato per bancarotta. La copia della copia salutò l’anno dopo con Benasciutti, quella volta volontariamente e non per esclusione federale. Oggi, dopo il tradimento di Tacopina, incapace di iscrivere la squadra in C dopo aver dato ampia rassicurazione fino a poche ore prima del gong, si dibatte sui futuri scenari, da dove si potrà ripartire, sulla proprietà e sul marchio. Ma la prima cosa a cui pensare è la sorte del centinaio di persone che lavorano per la società dello statunitense il quale presto potrebbe vedersi recapitare una serie di lettere di diffida. Ieri, in una prima call, la società ha spiegato di voler corrispondere i pagamenti entro una decina di giorni, di voler andare avanti e sondare la normativa per valutare un eventuale acquisto di un diritto di D. "Ad oggi – spiega l’avvocato Gianni Ricciuti che sta ricevendo chiamate da potenziali creditori – non ci sono certezze e, va ribadito, non stiamo parlando di fallimento e credo che la società di Tacopina non voglia rischiarlo assolutamente". Dunque, ipotesi numero uno, quest’ultimo potrebbe pagare tutto il pregresso – compresa la parte dovuta ancora ai Colombarini –, tenersì il marchio e iscriversi al campionato di Eccellenza, come riportava la nota arrivata sabato. "Per essere chiari – così Tacopina e il suo socio Follano, che per i prossimi cinque anni saranno inibiti dai ruoli di presidente e amministratore delegato –, la proprietà della Spal resta tale e, nonostante notizie errate e dichiarazioni infondate, non siamo falliti e il club non ha presentato istanza di fallimento. Valuteremo le opzioni disponibili, tra cui l’iscrizione del club, di cui siamo ancora pienamente proprietari, a una categoria inferiore". Ma i potenziali creditori potrebbero chiedere i danni ugualmente. Come? "Un conto è retrocedere sul campo – spiega ancora Ricciuti –, dove tutto viene ridotto; un altro è non partecipare al campionato di competenza per inadempienza della società. In questo caso potrebbe profilarsi una richiesta danni per non essere stati informati in tempo e, soprattutto, essere stati tranquillizzati fino a poche ore prima della bufera". Insomma, le telefonate – per ora a titolo informativo – fioccano: dagli operatori della sicurezza, ai magazzinieri, dai massaggiatori a qualche giocatore. E la domanda è sempre la stessa: i soldi che mi spettano li prenderò tutti? A proposito dei giocatori, tutti possono svincolarsi. "Nel caso – così la Figc – in cui la società non prenda parte al campionato di competenza, o se ne ritiri o ne venga esclusa, o ad essa sia revocata l’affiliazione, i calciatori e le calciatrici tesserati/e, salvo casi eccezionali riconosciuti dal presidente federale, sono svincolati d’autorità". E il Comune, in questa partita, che ruolo può giocare? Il sindaco Fabbri è stato chiaro, mostrando il pugno duro alla proprietà: "Chi ha tradito la città non può continuare a rappresentarne i colori". Annunciando poi di lavorare "sui diritti legati alla gestione dello stadio e sugli altri beni comunali attualmente in gestione della società". Con il Mazza e il Centro di via Copparo c’è un contratto di concessione fino al 2037 (Revoca? Decadenza?), poi c’è la foresteria di via Fabbri della Curia (di Tacopina sono i campi di Malborghetto). Eppoi il lodo Petrucci (art. 52, comma 10): "In caso di non ammissione al campionato di C, il presidente federale potrà consentire alla città di partecipare con una propria società ad un campionato della LND". Altra arma che Fabbri può giocarsi.