MATTEO RADOGNA
Cronaca

Dramma nella Ferrara Bene. Schiavizzato in casa sua. Condannato l’aguzzino

Dovrà scontare 5 anni e 4 mesi per atti persecutori e lesioni gravissime. Dopo le violenze subite, alla vittima venne asportata la milza.

Un avvocato in tribunale durante un processo (. foto di repertorio

Un avvocato in tribunale durante un processo (. foto di repertorio

Aveva praticamente occupato la casa dell’amico spostando alcuni mobili e la lavatrice nella sua stanza, "approfittando del loro rapporto", dormendo, mangiando, senza mai contribuire economicamente. Ma soprattutto rendendo un inferno la vita del proprietario, finito in ospedale per le violenze subite e causandogli l’asportazione della milza. Una vicenda che ha coinvolto la ’Ferrara bene’, dalla quale provengono i protagonisti: impurtato e parte lesa. Con la sentenza di ieri, però, finalmente l’odissea di un 46enne – assistito dall’avvocato Simone Bianchi – si è chiusa. Perché il suo aguzzino, Gabriele Moccia, 42 anni, è stato condannato a 5 anni e 4 mesi per atti persecutori e lesioni gravissime. Confermando quanto richiesto dal pm Ciro Alberto Savino sulla base della prove, anche attraverso i messaggi minatori via chat sul cellulare. Dopo le violenze subite, il 46enne vive ancora oggi in uno stato "di ansia e paura" – come si legge nelle carte del processo –, con il "fondato timore per la propria incolumità" e si è visto "costretto a modificare le proprie abitudini di vita". I fatti risalgono all’aprile 2023 quando la parte offesa spalanca le porte di casa sua, nel cuore del ghetto, a chi avrebbe dovuto essergli amico. Qui invece iniziano gli scontri, "quasi giornalmente" l’indagato "lo offendeva" pesantemente, "spesso lo percuoteva con schiaffi e pugni, questi ultimi diretti alla pancia dove la vittima aveva subito un precedente intervento chirurgico". Altri episodi violenti vengono registrati tramite messaggi telefonici quando l’aguzzino lo minacciava di pestarlo a sangue. L’episodio più eclatante, però, non può essere messo in discussione: quando con "pugni e gomitate nella pancia", i medici furono costretti ad asportare la milza alla vittima. Inoltre, per tutto il tempo in cui abitarono sotto lo stesso tetto, il 42enne, con la scusa di aiutarlo, si sarebbe approfittato da un un disturbo della sfera affettiva dell’amico. Una patologia che ha usato per approfittarsi del 46enne e del suo bisogno di contatto umano, fino a renderlo quasi uno schiavo e prendendolo a pugni e calci. Una sorta di prigione per la vittima, che doveva sottostare a continue angherie. Al punto che in un’occasione in cui il proprietario di casa aveva manifestato l’intenzione di fuggire, l’ ‘inquilino’ arrivò ancora una volta a usare la violenza. Così l’avvocato Bianchi: "L’obiettivo primario era quello di far uscire il prima possibile da questa tragica vicenda il mio assistito. In fase di indagini il risultato è stato pienamente raggiunto anche grazie all’ottimo lavoro svolto dalla Procura, che ha dimostrato grande attenzione per la vicenda e una non consueta umanità. La sentenza di oggi dimostra la correttezza della ricostruzione dei fatti offerta dal mio assistito il quale, non senza difficoltà, sia per le condizioni fisiche a seguito della violenta aggressione subita, sia per le continue minacce e vessazioni ricevute, ha trovato il coraggio di denunciare quello che si è dimostrato essere il suo aguzzino. In questi termini possiamo dire di ritenerci soddisfatti dell’esito di questo processo".