È morto Elio Ninfali, malato di Sla "Raccontò la sua storia agli alunni"

Nonostante le sue condizioni aveva incontrato gli studenti delle Taddia per spiegare cosa significasse la sua patologia

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"Ciao ragazzi. Sono Elio e sono malato di Sla". E’ così che Elio Ninfali, nonostante la gravità della sua malattia, comunicava via social e nel 2017 era anche riuscito ad incontrare di persona i ragazzi delle scuole Taddia di Cento, per raccontargli la sua storia ma anche far capire che dietro ogni difficoltà ci deve sempre essere la speranza. Il vigaranese Elio sabato ha chiuso gli occhi per sempre, a 67 anni, divorato da quel male che l’ha bloccato fisicamente, accudito amorevolmente dalla sorella e dalla famiglia lottando anche contro un sistema che a volte non risponde a pieno alle esigenze economiche o sanitarie.

"Sabato il suo cuore si è fermato e ho spento anche la macchina che gli permetteva di respirare e che per tanti anni lo ha tenuto in vita – scrive la sorella - mi sembrava di averlo liberato da una prigionia. E’ così forse è stato anche se ora provo un senso di vuoto perdendo una parte di me. Per 10 anni sono stata la sua voce: Elio ha mantenuto la capacità di intendere fino all’ultimo e mancherà molto la sua intelligenza e il suo modo di essere saggio trovando una spiegazione per tutto. Con il suo computer ha sempre espresso le sue idee. Spero la ricerca vada avanti e che questa malattia possa essere sconfitta". Malato dal 2012, grazie all’insegnante Agnese De Michele era riuscito a incontrare i ragazzi delle superiori dando a loro quello che oggi più che mai suona come il più bello dei messaggi d’amore per la vita, lui che prima di rimanere bloccato aveva girato l’Italia col suo camion e vissuto anche momenti storici come la mattina dopo la tragedia del Moby Prince e la commozione nel vedere cadaveri e famigliari.

"Credo negli uomini, nella scienza e che la vita è bella – aveva detto attraverso il suo speciale puntatore laser oculare - Se sono felice? Non proprio, ma è sopportabile. Ho pensato di farla finita, ma mi sono ricreduto perché finchè c’è vita c’è speranza. Voi i tanti che mi stanno vicino siete per me la più forte delle medicine perché è provato che il contatto umano allunga la vita".

Laura Guerra