Eni-Basell, senza accordo lavoro in bilico

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Andrea

Gandini *

Eni sta macinando utili da 2 trimestri a causa dell’aumento dei prezzi del gas. Ha dichiarato 5,39 miliardi di utili netti (potrebbe arrivare a 14 nel 2022 e a 10 nel 2023) quando negli stessi trimestri del 2019 aveva fatto utili netti per 329 milioni. Eni come Edison e Snam ha fatto contratti pluriennali ma vende il gas ai prezzi di mercato pur comprato a dieci volte meno del prezzo attuale internazionale del gas.

Quotato alla borsa Ttf di Amsterdam, era 15 euro in febbraio 2021, salito a 111 euro il 5 ottobre, a 167 il 21 dicembre, è volato a 234 il 7 marzo. Oggi è stabilmente sopra i 100-130 euro. Se ci saranno interruzioni del gas russo si stima vada a 220 euro. A quel punto 4 filiere produttive italiane rischiano di chiudere: ceramica, chimica, carta e vetro, oltre a danni ingenti a tutte le famiglie e imprese. Per Ferrara se non c’è accordo tra Eni (Versalis) e Basell si rischiano molti posti nel lungo periodo perché oggi etilene e polietilene arrivano a Versalis e Basell con la pipeline da Porto Marghera, una infrastruttura sicura che porta queste materie prime con elevate dosi di purezza e senza blocchi impiantistici. Se chiude il cracking di Eni a Porto Marghera l’alternativa per Ferrara e Mantova è portarlo tramite navi gasiere ma con due enormi rischi: materie prime più sporche (come già successe nel 2014) e prezzi più alti (la volatilità internazionale potrebbe durare 2-3 anni).

A quel punto Basell potrebbe spostare la produzione (non la ricerca) in Germania, nell’altro sito dove esiste un cracking. Nel 2023 scade il contratto di fornitura Eni con Basell e quindi i timori dei sindacati sono fondati. Il dopoguerra sarà complicato per tutte le imprese italiane per le materie prime perché Cina e Russia hanno deciso di fare un loro sistema monetario che darà filo da torcere al dollaro che oggi ha come contro valore la finanza occidentale, ma le materie prime (come disse Keynes a Bretton Wood) sono più strategiche per la stabilità della moneta e quindi abbiamo un rischio enorme di pagarle tantissimo o non averle proprio. Da qui l’importanza di usare un gigante pubblico come Eni nell’interesse

del lavoro italiano.

* economista

ed ex direttore

del Cds, Centro Ricerche Documentazione

e Studi Economico Sociali

Odv

Ferrara