Sicuramente Guido Angelo Facchini, maestro e regista della figura femminile del Palio del ’33, studiando e rivisitando la storia degli Este alla ricerca di notizie e spunti per far rinascere il Palio di Ferrara , avrà visitato la Biblioteca Estense di Modena e altrettanto frequentemente avrà studiato le figure degli affreschi di Schifanoia. Si sarà quindi domandato quale era il significato e l’immagine che si voleva dare alla figura della donna nel Palio laddove due erano, alla luce delle sue ricerche storiche, i filoni interpretativi: quello delle putte discinte che correvano con i nani, gli sciancati e gli ebrei e quello delle dame belle ed eleganti che assistevano alle gare dai balconi delle case patrizie. Gli affreschi sarebbero serviti come modelli rivisitati dal Facchini e dalla Casati ad immagine di un glorioso benessere della Corte estense, fatto di abiti raffinati, di gentili dame e ben poco di nani, prostitute, somari ed ebrei. Si pensi solo alla presenza delle donne in questa particolare corsa. Per lo più si credettero essere prostitute, non tanto per la loro disinvoltura nel mostrarsi seminude in pubblico, ma anche sulla base di una citazione tratta dalla voce dedicata a Ferrara nella vetusta Enciclopedia dello spettacolo. Questa cattiva immagine della donna presente negli affreschi di Schifanoia, venne modificata da un editto di Ercole I che non volle in alcun modo vedere donne lascive e meretrici correre il Palio. Dino Tebaldi, Vincenzi e Lolli ci raccontano nella loro importante monografia : ’Ferrara e il Palio’ del 1992, che proprio durante lo stesso del 23 Aprile 1476, ben 57 ragazze vi parteciparono. Comunque, anche piu avanti nel tempo, all’epoca della devoluzione al Papato, la figura della donna certamente non migliorerà. In un dipinto ad olio di Francesco Saraceni (1797-1881) è rappresentato il palio delle barchette (batane comacchiesi) dove 30 donne vogatrici che provenivano da Comacchio venivano rappresentate sempre con vestiti succinti. Il Palio dunque resta in epoca pontificia, ma si adegua a queste nuove esigenze, alle corse si aggiungono le giostre, si offrono gioielli oltre ai premi consueti.
Passano gli anni e ora, alla luce di tutto ciò, e attento alle storie delle donne del Palio, Facchini si reinventa la figura femminile riprendendola dal reale contesto socio politico dell’epoca. Laddove i figuranti maschili erano presi dall’ambiente universitario fascista e dai centri sportivi del Guf, le attrici, le fanciulle che facevano da corollario alle gare del Palio, provenivano dalla borghesia, forse da quella alta e dalla nobiltà cittadina. Bravo Facchini che fu saggio e accorto a inventare e promuovere una nuova gara fra le bellezze cittadine. Guido Angelo conosceva e frequentava tutte le famiglie più in vista della città ed il gioco gli fu facile. Ricordiamoci ora quel che scrive Tumiati: "L’aspetto interessante era dunque l’involontaria gara di bellezza che a ogni Palio si veniva a creare tra le ragazze della borghesia cittadina, figlie di professionisti, di professori, di ricchi proprietari terrieri che di anno in anno partecipavano, sempre in maggior numero alla sfilata in costume. Giovanissime, alte sui loro cavalli, sella all’amazzone, naturalmente, tutte e due le gambe dalla stessa parte, rese peraltro invisibili dalle lunghe gonne quattrocentesche". La figura femminile era sì importante ma lo era altrettanto il modo con cui erano vestite. I modelli disegnati dalla Casati erano la base per i magnifici costumi delle ragazze. Ogni famiglia però, con l’aiuto dei propri sarti e con un budget diverso da famiglia a famiglia, costruiva modelli impareggiabili per finiture, stoffe, colori. Facchini identificava in ogni ragazza la figura storica da gemellargli. La Marchesa Morelli di Popolo dei Conti di Ticineto scrive nelle sue memorie: "Io rappresentavo Renata di Francia. Il costume era in serica seta damascata verde, amplissimo con un lungo strascico, con il davanti tutto ricamato in oro. A cavallo, dietro a me due damigelle d’onore, Tina Barotti e Liliana Bozzi. Ritrovo fra le vecchie carte del mio granaio un libretto del Palio con una dedica speciale da parte di Facchini che, da gentiluomo d’altri tempi, non dimentica di ringraziare la giovane ragazza che si è trasformata in Isabella proprio per Lui e per il suo Palio. E’ Lionella Rabboni. Un omaggio sentito e riconoscente non solo a chi è stata disposta a vestire i panni di un personaggio così famoso, ma anche a tutte le ragazze, belle e nobili sue concittadine che hanno fatto da contorno alla sua creatura: ’Il Palio della sua Città’".
* studioso