"False teste di Modigliani, un po’ come Amici miei" La burla diventa un film

Saranno proprio i tre ’artisti’ a dare "la giusta interpretazione" della vicenda. Le sculture in mostra a Palazzo Bonacossi, l’esposizione si intitola Fakes

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Fakes, la burla delle Teste di Modigliani 38 anni dopo. Parlano gli ideatori, all’epoca ragazzi: "Un gesto da Amici Miei, ora in un film ne daremo la giusta interpretazione". Nel centenario della nascita di Amedeo Modigliani, il 24 luglio 1984 vengono ritrovate delle sculture nel fosso di Livorno. La critica si divide: molti le ritengono opere sue. Gli autori, invece, sono tre studenti. Le hanno realizzate per scherzo. La loro storia diventa una delle più grandi beffe d’arte. Le sculture sono in mostra a Palazzo Bonacossi di Ferrara fino al 25 settembre per Fakes da Alceo Dossena ai falsi Modigliani. Pier Francesco Ferrucci, tra gli ideatori, ne ripercorre la vicenda. La Fondazione Ferrara arte, in occasione di Fakes, ha contattato gli autori per raccontare, a quasi quarant’anni di distanza, questo appassionante capitolo del falso nell’arte dal loro punto di vista. Anno 1984: è il centenario della nascita di Modigliani, a Livorno sono in mostra quattro delle 26 teste realizzate dall’artista. Secondo una leggenda, lui stesso avrebbe gettato nei fossi livornesi quattro sculture, ritenute insoddisfacenti, prima di andare a Parigi. In occasione dell’esposizione, partono gli scavi per la ricerca: nessun risultato. Entrano in gioco tre studenti universitari, Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pier Francesco Ferrucci, che decidono di realizzare una testa con i tipici tratti ‘alla Modigliani’, e la gettano nel fosso. Il 24 luglio avviene il ritrovamento: la notizia fa il giro del mondo, esperti e critici d’arte si dividono, la burla entra nella storia. Anche Vittorio Sgarbi (ideatore della mostra, curata da Dario Del Bufalo e Marco Horak, con la collaborazione di Pietro Di Natale), al tempo viene chiamato a esprimersi sulla “sconcertante e divertente” storia delle pietre di Livorno. Il catalogo della mostra riprende quanto riportato dal critico d’arte nel 1989, nella prefazione al volume di Gianni Pozzi, Teste a sorpresa. Scriveva Sgarbi: “Andai e, giudicando, come scrissi, "troppo sublime e ateistica" l’idea di una burla boccaccesca, pensai che tutto sommato le teste dovessero essere buone, ma che certamente non erano belle, e che richiamavano le primitive stele della Lunigiana (opere certamente aliene da intenzione d’arte); e che in fine sarebbe stato assai opportuno ributtarle nel fosso”. L’unico in Italia a intuire le cose fu Mario Spagnol, il quale puntò tutto sulla carta del falso. "Il taglio che vogliamo dare al film è del tipo Amici Miei di Monicelli, giocoso, ma sempre veritiero, a tratti profondo", spiega Ferrucci. Vogliono anche "chiarire molti punti rimasti inesplorati".