Federico Aldrovandi, 18 anni dopo. Il papà: “I ricordi tristi di un’alba assassina continuano a tormentarmi”

La parole del papà affidate ai social: “Del mio ragazzino strappato alla vita a diciott’anni da chi avrebbe dovuto proteggergliela, potrei scrivere all’infinito”

Federico Aldrovandi, ucciso nel 2005 a Ferrara durante un controllo della Polizia
Federico Aldrovandi, ucciso nel 2005 a Ferrara durante un controllo della Polizia

Ferrara, 25 settembre 2023 –  “Premetto che è un post lunghissimo e me ne scuso, e forse qualcuno, giustamente, passerà oltre, ma del mio ragazzino strappato alla vita a diciott’anni da chi avrebbe dovuto proteggergliela, e della sua maledetta e triste storia, dopo quei diciott’anni magnifici vissuti con lui, potrei scrivere all’infinito”. Inizia con queste parole il post di Lino Aldrovandi, papà di Federico, il giovane ucciso il 25 settembre 2005 a Ferrara durante un controllo della Polizia e divenuto un simbolo con la battaglia dei suoi genitori per avere giustizia. Sono passati 18 anni e per il papà è un dolore che si rinnova. 

"Se ne avete voglia e tempo, leggetelo con calma – prosegue il post – , un pezzettino ogni tanto e nel farlo provate a pensare ai vostri figli e magari col pensiero fisso che una cosa del genere a loro non dovrà mai succedergli, mai e poi mai. Grazie, con una carezza, in un giorno di settembre, ai vostri figli. A tutti i figli”.

“A volte mi domando, quale terrore e quale orrore, possa aver provato Federico quella maledetta mattina, con lui a domandarsi, mentre la sua vita svaniva: ‘Sto chiedendo aiuto papà a uomini in divisa simile alla tua e a quella del nonno, di cui parlavate un gran bene, ma non mi stanno ascoltando’. Perché papà? Non lo so Federico, ma non tutte le persone che ricoprono certi ruoli, qualunque essi siano, sono uguali, ed è per questo che non ho mai smesso di scrivere di te, forse come una forma per chiederti scusa, perché era qui che dovevi essere”. Una morte, di cui la verità completa la conoscete tu e quei 4, ma penso anche “qualcun altro”.

Proseguo così, poi capirete: “Il tempo scorre e la memoria sarà la vostra condanna, quando il cielo di settembre parlerà di te. E’ come un senso di colpa che non mi lascia. Io ti conosco perché tu hai sempre vissuto in me”. Caro Federico, ogni anno a quest’ora il mio respiro inevitabilmente si affievolisce e i ricordi tristi di un’alba inspiegabilmente assassina, continuano a tormentarmi.

Sono trascorsi diciotto anni da quell’assurda domenica mattina, di quel 25 settembre 2005. In pratica, il tempo che tu hai vissuto su questa terra.

Sono stati anni molto difficili quelli a seguire, che hanno cambiato la vita a me, a Patrizia e a Stefano. Amaramente dico che forse non siamo più gli stessi. Quel 25 settembre alla nostra famiglia accadde l’irreparabile. E mai a nessuna famiglia dovrebbe accadere.

Fu provocata una morte violenta e ingiustificata, una morte, la tua Federico, che il giudice di I°, Dott. Caruso, (sentenza nel luglio del 2009) ritenne causata “senza una ragione” da quattro persone con una divisa addosso e che un procuratore della Cassazione, al momento di dire fine a tre lunghi processi, nel puntare il dito ai responsabili di chi quella vita e quell’esistenza l’aveva tolta per sempre, ad un ragazzo di appena diciott’anni, ovvero riferendosi a quei 4 poliziotti, Pontani Enzo, Forlani Paolo, Pollastri Luca, Monica Segatto, li apostrofò senza mezzi termini, come “schegge impazzite in preda a delirio”.

In questi lunghi anni ho sempre scritto e parlato con le parole dei giudici di I°, II° e III° grado e difficilmente ho mai usato una parola diversa. Non ce n’era bisogno. Penso infatti, che ogni parola di quei giudici, che non finirò mai di ringraziare per il loro contributo di “verità e giustizia” reso, anche se la pena alla fine fu lieve per “quelle indagini iniziali” e per quelle considerazioni tecniche e “non” che Fabio Anselmo fa nel prezioso podcast dal titolo “Rumore” della giornalista e autrice di podcast, Francesca Zanni (vincitrice con “Rumore” del premio come miglior podcast indie 2023) e che sarà presente il primo ottobre al Festival Internazionale di Ferrara (festival di giornalismo organizzato dalla rivista di informazione Internazionale, dal Comune di Ferrara, da ARCI Ferrara e da Associazione IF), a partire dalle 18 alla sala Apollo 3.

1. - qui il podcast completo di “Rumore” https://open.spotify.com/show/3TFRN5S2zhrgyWdbWx7Oxa?si=18cfe2ae35954349&fbclid=IwAR1KCo1ENYA_8mC9oEhaUL5K3TG0dqn9xE1J0jvd0J6ChQGvqfkgQJLClhw&nd=1

2. - qui la puntata (puntata 5 “Verità e Giustizia”), vedi al minuto 19 e 45”, dove l’Avv.to Fabio Anselmo risponde al perché secondo lui, fu percorso l’eccesso colposo in omicidio colposo, in luogo dell’omicidio preterintenzionale, che avrebbe avuto come risultato, pene ben più gravi. https://open.spotify.com/episode/5jxGZfCZTXwk4NBce0V8Lh

abbia dimostrato e dimostri al mondo che la gravità di quella morte fu un qualcosa di ben molto più serio di un “omicidio colposo in eccesso colposo”.

A supporto di ciò, in questo triste giorno, ripropongo due interviste, una del 2014 (due anni dopo la sentenza definitiva della Cassazione del 21 giugno 2012) e una del 2018, rilasciate rispettivamente dal Giudice Luca Ghedini (uno dei Giudici del processo di II°, il processo d’Appello a Bologna nell’anno 2010) e una dal Giudice Francesco Maisto (presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, competente a commutare o meno, in base a richiesta che ci fu, la pena detentiva in arresti domiciliari). Sono molto significative e dicono tanto.

La prima intervista, uno dei Giudici del processo di II°, Dott. Luca Ghedini ebbe a dire, in un’intervista ad un giornale online dell’ 8 settembre 2014 (due anni dopo la sentenza definitiva della Cassazione), a firma di Marco Santopadre, che: “Come giudici d’appello, altro non abbiamo potuto fare che prendere atto delle dinamiche processuali già svoltesi e “consumatesi” nella fase delle indagini preliminari prima e del processo di primo grado poi. La forza e il coraggio delle parti civili e l’abile perseveranza del loro collegio difensivo ha fatto sì che nel corso del processo di primo grado, sia stato possibile squarciare il velo frapposto dai c.d. “depistaggi” della prima ora. Ciò che niente e nessuno ha potuto – o voluto – evitare è stata la sottovalutazione, dal punto di vista della configurazione giuridica, del fatto: è evidente – lo si legge “in trasparenza” nella stessa sentenza d’appello, che non di omicidio colposo per eccesso nell’uso della forza si è trattato, bensì di un’ipotesi quasi di scuola di omicidio preterintenzionale che come tale meritava di essere vagliato e giudicato”.

Ad integrare la visione orribile di quello che accadde quella maledetta mattina di diciotto anni fa, la seconda intervista, concessa al quotidiano “La Nuova Ferrara del 24 ottobre 2018”, il cui titolo di copertina fu questo: “il giudice: «Ricordo la tortura su Federico e quella bestialità degli uomini in divisa», Si trattava di un’intervista rilasciata dall’ex presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Dott. Francesco Maisto, al giornalista de La Nuova Ferrara, Daniele Pedrieri, che di seguito riporto in parte per chi la volesse leggere per intero qui l’articolo completo ttps://www.lanuovaferrara.it/ferrara/cronaca/2018/10/24/news/il-giudice-ricordo-la-tortura-su-federico-e-quella-bestialita-degli-uomini-in-divisa-1.17385916

e lo voglio fare proprio nel giorno del ricordo di Federico, perchè mi sembra giusto evindenziarlo con parole di “verità e giustizia”, una piccola giustizia o mio Federico:

Che dire, concordo ogni parola dei Giudici, di tutti i Giudici. Parole dette, parole scritte che dicono molto di più di quelle sentenze, cosìnelle pene inflitte. Esplicitano in un certo senso, che furono le indagini iniziali, che furono i depistaggi, che furono le omissioni di un fatto dove anche la tortura la fece da padrona, a causare in pratica “un corto circuito” della giustizia, voluto o non voluto. Come posso dimenticare, la testimonianza di Anne Marie, in incidente probatorio del giugno 2006 (era l’inizio del percorso giudiziario), ma sopratutto la sua mimica dei calci e delle bastonate, che esprimevano inequivocabilmente e chiaramente i suoi concetti di quello di cui era stata testimone dal suo balcone, prospiciente il luogo del delitto, quando nel descrivere che il poliziotto in piedi con il cellulare, quindi disinteressato al bloccaggio, mentre tu Federico eri a terra bloccato senza aver commesso alcun reato, nell’andare avanti e indietro dalla macchina di servizio, ogni volta l’agente di polizia, nel tornare sul punto dove giacevi, ti tempestava di calci con i piedi. Nell’aula del Tribunale di Ferrara durante l’incidente probatorio non mi scorderò mai Il gesto della testimone, per l’appunto Anne Marie Tsague, l’unica palesatasi con grande coraggio e “responsabilità civile”, in quella “via troppo silenziosa”, a prodigarsi a mimare ripetutamente lo schiacciamento con forza con il tallone sul terreno, per spiegarlo al pubblico ministero e al giudice che la stavano ascoltando. E lì su quell’asfalto c’eri tu Federico che invocavi di smetterla e di aiutarti, con parole chiare ed inequivocabili: “Smettetela, aiutatemi”.

Non fu tortura forse questa? Lo scritto all'inizio di questa lettera, ma lo ripeto ancora: "A volte mi domando, quale terrore e quale orrore, possa aver provato Federico quella maledetta mattina, con lui a domandarsi, mentre la sua vita svaniva: “sto chiedendo aiuto papà a uomini in divisa, simile alla tua e a quella del nonno, di cui parlavate un gran bene, ma non mi stanno ascoltando”. Perchè papà? Non lo so Federico, ma non tutte le persone che ricoprono certi ruoli, qualunque essi siano, sono uguali, ed è per questo che non ho mai smesso di scrivere di te, forse come una forma per chiederti scusa, perché era qui che dovevi essere".

Ai miei occhi di padre, ormai vecchio e stanco, condannato a sopravvivere con un dolore e una pena che non avrà mai fine, chi ti uccise (4 poliziotti), tra l’altro reintegrato dopo aver scontato la pena (quale pena?) nella stessa polizia, alla luce dei fatti ricostruiti processualmente, per me on sarà mai e poi mai un poliziotto. Come risposi a Bologna alla serata di Bo-noir dedicata al caso Aldrovandi , intervistato dal giornalista Rai Stefano Tura https://www.facebook.com/bonoirbologna/posts/pfbid02DjvH4z88tHYvonBHcbf74QVUcrRBVGHURyGfbc6hskAQB8Swq58CSD8jMj4kMxWil dissi che non potrà mai esserci differenza tra certe morti e la tua, di casi accaduti nel mondo tra forze di Polizia e cittadini uccisi senza un ragione da chi avrebbe dovuto proteggerli, io che tra l’altro con tuo nonno vestimmo anche noi una divisa (io vigile urbano, lui carabiniere), senza mai scordarsi che la legge, penso quasi ovunque, non prevede la pena di morte per “nessuno”. La tua Federico fu un’uccisione, senza se e senza ma. E tale rimarrà per sempre.

E oggi nel ricevere in dono una canzone da un gruppo musicale di Firenze, Tenore FI, che ringrazio (sotto, dopo il testo, il link della canzone), dal titolo “Il Corpo”, di cui l’anno scorso conobbi Simone, venuto a ricordare Federico nell’anniversario della sua uccisione, partecipe di un qualcosa di veramente grande e forse unico, organizzato splendidamente dai ragazzi della Curva Ovest che nell’occasione unirono un po’ tutte le curve d’Italia, ve ne faccio partecipi tutti, anche perché mi sembra in perfetta sintonia con le parole del Giudice, ma ovviamente anche degli altri giudici del I°, II° e III° grado.

Il testo della canzone:

Il tempo scorre e la memoria sarà la vostra condanna, quando il cielo di settembre parlerà di te. E’ come un senso di colpa che non mi lascia. Io ti conosco perché tu hai sempre vissuto in me.

Tu che sei nato prematuro e i dottori senza speranza e stretto i pugni verso il cielo diventando grande.

Il rispetto per la vita, per non lasciarmi da solo, padre arriva che ho paura, cado giù nel vuoto.

Nel 2005 arrivano i tuoi diciott’anni: Lino ed una torta fatta male, insieme a festeggiarti. Patrizia e Stefano sanno anche loro come amarti, conoscono i tuoi lineamenti e il modo in cui li guardi.

Siamo figli un po’ di tutti, la provincia è una famiglia, passano le primavere e resta circoscritta.

Questo “presente” Federico, puzza di sconfitta, restiamo ai margini annotati come una postilla.

Sabato 24, rimane un giorno speciale, porti fuori il cane e il portamento che segue è inusuale.

Saluti tutti e vai a Bologna per ballare e quando hai diciott’anni appena il mondo intero puoi sbranare.

In questi lunghi anni, quanti disegni, quante creazioni, quanta musica, per ricordare Federico. Sono commosso di tanta bellezza che esiste nei cuori e nelle menti di tante persone. L’avete fatto certamente per Federico, ma anche per Voi stessi, per la vostra anima, ma soprattutto per il bene e l’amore che si dovrebbero dare, senza se e senza ma, ai figli che ci sono intorno, anche a quelli degli altri. Concludo questo post con il disegno della locandina di presentazione dell’ultimo concerto dedicato a Federico nel 2018, appartiene a Stefania Rubbini. Possiede un’aurea speciale, quasi immortale.

Lo dedico a tutti Voi con la preghiera di non smettere mai di tenere accesa la luce negli occhi e l’arcobaleno in testa che si intravedono nella stupenda creazione di Stefania. Quella luce in quegli occhi e quell’arcobaleno in testa, non smettete mai di portarli con voi ogni giorno, nel difficile e tortuoso cammino di questa meravigliosa vita, credo l’unica di ogni essere vivente. E chissà, forse in un certo senso, pensandoci , nello spirito, nel ricordarli, come una bella canzone, come un bel libro, potranno aiutarci anche a superare certi momenti “no”, per farci capire anche “tante cose”...

In fin dei conti ne abbiamo bisogno proprio tutti.

Ovunque tu sia, ti vogliamo bene Federico, come pure agli altri ...

Lino

qui la canzone dedicata a Federico, oggi 25 settembre 2023, qui https://www.youtube.com/watch?v=iM8s6BPOiZM

E qui link di Spotify : https://spotify.link/o9eCjhGFmDb

dal titolo “il corpo”, con un grazie di cuore ai ragazzi della band Tenore FI che l’hanno pensata. Grazie Simone, grazie ragazzi.