
Nei riquadri, sopra: Federico Perissi viveva a Firenze, 45 anni; sotto: Mike Mor N’Diaye, senegalese di 41 anni
Ferrara, 17 aprile 2025 – Felpa nera, cappuccio calcato sul capo e i talloni che spuntano da un paio di scarpe troppo strette per uno della sua stazza. Sono da poco passate le 12.30 quando Mike Mor N’Diaye, 41enne senegalese arrestato a Ferrara dopo l’omicidio della guardia giurata Federico Perissi e una rocambolesca fuga dal Mugello fino alla città estense, entra in tribunale scortato da tre agenti della polizia penitenziaria. Il gigante ha lo sguardo vuoto, quasi spaesato quando infila la porta dell’aula seguito dai suoi legali. L’appuntamento davanti al gip Danilo Russo è per l’udienza di convalida dell’arresto. Non per l’omicidio, per il quale procede la procura di Firenze essendo avvenuto nel territorio della città medicea, ma per i reati commessi lunedì a Ferrara. Nell’ordine, la tentata rapina di un’auto a una donna nel parcheggio del Decathlon, il furto di alcuni abiti alla piscina Beethoven e, infine, l’evasione dai domiciliari a cui era soggetto nella sua casa di Campi Bisenzio. L’udienza si è aperta e chiusa in pochi minuti. L’uomo, assistito dagli avvocati Francesca Lenzi e Piermaria Giosuè La Tessa, è rimasto in silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Il giudice ha convalidato l’arresto (per evasione e furto) e disposto la custodia in carcere (per furto e tentata rapina).
Indagini sulla notte di follia
Nel frattempo, proseguono le indagini sulla linea di follia che, tra domenica e lunedì, ha unito il lago di Bilancino, nel cuore del Mugello, alla periferia della città estense. Al momento la procura di Ferrara ha aperto due fascicoli. Il primo per l’omicidio confessato dopo la cattura per gli altri fatti, destinato però a essere trasferito a Firenze conclusi i primi atti. Il secondo per i reati al centro dell’udienza di convalida di ieri. Col passare delle ore e con i primi esiti investigativi, gli inquirenti sono riusciti a riempire il ‘buco’ temporale tra la notte di domenica, quando Perissi è stato assassinato (pare a colpi di pietra e forse di calcio di pistola) e le 6.50 di lunedì, quando Mor N’Diaye si è schiantato lungo l’autostrada A13, tra i caselli di Ferrara Sud e Nord. Subito dopo il delitto, il 41enne rientra in autostrada a Barberino al volante della Yaris della vittima, che fino a quel momento aveva viaggiato con lui. Guida fino a Bologna e, nel capoluogo emiliano, imbocca la corsia della A14 in direzione Rimini. Non è chiaro se lo abbia fatto di proposito o per un errore di direzione. Giunto a Forlì, esce e rientra nella direzione opposta, ritornando sui propri passi. Arrivato nuovamente a Bologna, prende finalmente la A13, direzione Padova. Prima di dirigersi verso nord, effettua un paio di soste (per un tempo non ben definito) in altrettanti autogrill, tra Forlì e Imola. Tracce di queste tappe sono state rinvenute a bordo dell’auto, dove la polizia ha trovato un pacchetto di sigarette, lattine e bottiglie di bibite probabilmente acquistate nelle aree di servizio. All’altezza di Ferrara rimane coinvolto in un incidente, dalla cui scena fugge a piedi e scalzo. Raggiunge il parcheggio del Decathlon di via Ferraresi dove riposa per qualche momento in una delle tende da campeggio in esposizione esterna. Poi tenta di procurarsi un’auto, ma la rapina sfuma. Si sposta quindi alla piscina dove, con addosso solo un giaccone e gli slip, riesce a impossessarsi di alcuni abiti. Nel frattempo però, la polizia lo blocca all’ingresso del sottopassaggio vicino alla Beethoven.
A seguito dell’arresto sono partite le attività tecniche sia sul corpo dello straniero (rimasto ferito nello schianto), sia sulla vettura dalla quale sono stati repertati una serie di oggetti utili alle indagini. Nel frattempo, anche la procura di Firenze sta muovendo i propri passi, sia sul luogo del ritrovamento del cadavere che scavando nel passato di Mor N’Diaye. A quanto si apprende, il senegalese – che lavorava come vigilante in servizio disarmato (pare anche per una nota griffe di moda) – ha alle spalle diversi precedenti che gli sono costati anche alcuni periodi di carcere e un affidamento ai servizi sociali terminato nel 2023. Tra questi, resistenza a pubblico ufficiale, porto abusivo di armi e lesioni. Rimane invece un mistero il movente del delitto. Dai suoi racconti, a tratti deliranti, non sarebbe infatti emerso il motivo dell’esplosione di violenza culminata col massacro del collega.