Fiumi di droga in Gad, pene fino a sette anni

Inchiesta Wall Street, condanna per sedici dei diciassette imputati accusati di gestire la piazza di spaccio ai piedi del Grattacielo

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di Cristina Rufini

Quattro anni dopo l’inizio delle indagini arriva la sentenza sulla max inchiesta Wall Street sullo spaccio di droga in zona Gad, ai piedi del grattacielo. Quella stessa inchiesta che per la prima volta ha acceso i riflettori sul sistema organizzato dello smercio di sostanze stupefacenti, gestito dai clan nigeriani e ha permesso negli anni di liberare quella fetta di città dalla morsa degli spacciatori. Ieri il giudice del Tribunale di Ferrara, Giulia Caucci, ha firmato sedici condanne e una assoluzione piena per i diciassette imputati portati a processo dal pubblico ministero che ha coordinato le indagini, Andrea Maggioni. Con pene che vanno da un minimo di sette mesi a un massimo di sette anni. Un primo punto importante. "Avevano preso il monopolio del business illecito – ha dichiarato poco più di un mese fa durante la sua requisitoria il pm Maggioni – E proprio in quel periodo, si parla del 2018, erano stati raggiunti i livelli massimi di predominio, con la possibilità di espandersi al centro della città. In quel parco che è tornato ad accogliere i ragazzi che giocano a calcio o basket e anche i bambini, si poteva entrare soltanto per acquistare droga, altrimenti l’ingresso era impedito. Pericoloso. Invece oggi grazie certo all’amministrazione comunale che l’ha recuperato, ma

anche a questa inchiesta che ha

permesso di scoprire il sistema

di affari, quell’area è stata liberata". Prima di chiedere le diciassette condanne, Maggioni aveva premesso di aver deciso di presentare richieste di pena ’mitigate’ nella speranza che in quella zona oggi recuperata e riconsegnata ad anziani e bambini, un giorno possano giocare anche i figli degli odierni imputati, dopo il percorso di recupero. Chissà. Intanto devono attraversare quel percorso.

Le condanne. Delle diciassette richieste del pm, il giudice Caucci ne ha accolte sedici, con un’assoluzione piena, diminuendo alcune istanze ma anche in qualche caso aumentandole.

Lucky Ebsole condannato a 6 anni 7 mesi e 15 giorni di reclusione più la multa di 26.300 euro; Glory Egbogun 9 mesi e 1.300 euro; Stanley Ezehi 9 mesi e quindici giorni, 1.320 euro; Joel Igene 10 mesi, 15 giorni e 1.320 euro; Igbinosa Irabor 9 mesi e 15 giorni più 1.320 euro; Jude Jacob 7 anni, 15 giorni e 26.500 euro; Junior Musa 2 anni, 3 mesi e 15 giorni, 1,320 euro; Lucky Ohanon 7 mesi e 1.240 euro; Success Okojie 9 mesi e 1.300 euro; Prince Onolunsen 7 mesi e 15 giorni e 1.240 euro; Felix Tuesday un anno, 4 mesi e 1.430 euro, Lucky Uwadia 3 anni, 5 mesi e 15 giorni e 5.720 euro; Gianpaolo Caforio 1 anno e 8 mesi e 2.080 euro; John Osemudiamen Echenede 5 anni, 9 mesi e 8.140 euro; Emmanuel Moziz assolto; Mercy Paul 11 mesi 15 giorni e 1.400 euro e infine John Sunday 3 anni, 10 mesi e 5.900 euro. Il giudice ha anche disposto per la maggiore parte degli imputati l’assoluzione da alcuni capi di imputazione. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra novanta giorni.

Le indagini. Iniziano nella primavera del 2018 quando si accendono i riflettori della procura di Ferrara sullo spaccio di droga in Gad, svelando così i gangli dell’organizzazione nei minimi dettagli. Viene scoperto il sistema di smercio del gruppo di affari che inglobava non solo pusher e ovulatori, ma anche le cosiddette vedette. "Coloro che avvertivano i connazionali – ha spiegato lo stesso pm nel corso del processo e definito nella requisitoria – dell’arrivo delle forze dell’ordine. In questo ambito si sono mossi gli agenti della squadra mobile di Ferrara e poi dello Sco di Roma, con i poliziotti sotto copertura". Numeri importanti quelli che hanno permesso alla Procura di ricostruire la fitta rete di spacciatori organizzata nel quartiere ai piedi del grattacielo. "Di coloro che si erano impadroniti di quella fetta della città, con i campi trasformati in magazzini di sostanze stupefacenti". Un’inchiesta che ha visto gli agenti sottocopertura, undercover in gergo, fingersi clienti e abbordare i pusher indicati di volta in volta dagli agenti della Mobile che avevano il quadro completo degli affari illeciti. Le indagini hanno portato a ricostruire 237 capi di accusa, grazie anche a una fitta rete di intercettazioni: novantamila le conversazioni estrapolate, oltre a riprese video delle cinque telecamere installate nelle zone nevralgiche dello spaccio. Un quadro nitido del sistema organizzato che ha aperto la strada ad altre indagini sullo spaccio in città, permettendo di arrivare ad un’altra inchiesta che ha oltrepassato i confini non solo cittadini, ma anche regionali: Signal sul clan degli Arobaga.