di Federico Di Bisceglie
Ancora non c’è una data certa per il completamento della fusione delle due aziende sanitarie. Certo è, però, che l’attribuzione a Monica Calamai (già direttrice generale dell’Ausl) dell’incarico di commissario straordinario di Cona, è una "concreta accelerazione in questo senso". Sono panni nuovi, che Calamai tuttavia calza con disinvoltura. Conscia, tuttavia, "che sarà un percorso lungo e laborioso, ma che portà un grande valore aggiunto". L’altro giorno ha già fatto un tour in qualche reparto per prendere confidenza con la struttura. E ieri, invece, ha spiegato quali sono in linea di massima i prossimi step del processo di fusione. Il primo ’ostacolo’, come peraltro sottolineato dal segretario della Uil, Massimo Zanirato sul Carlino nei giorni scorsi, ha una caratterizzazione giuridica. "Giuridicamente – spiega Calamai – le aziende sono entità distinte. Ora occorre un passaggio formale del ministero per sancire la fusione e costituire la nuova società". La costituzione ex novo di un altro soggetto societario (probabilmente in termini di bilancio e addetti, il più rilevante della provincia) non è un passaggio banale. Anche dal punto di vista contrattuale. Passaggio sul quale Calamai fa presente che "non verranno perse le prerogative", in ottica di una sostanziale parificazione di trattamento per i lavoratori delle due aziende. "La peculiarità della nuova realtà– prosegue – è che si sostanzierà di due componenti che di fatto si compenetrano: un’azienda sanitaria-universitaria". Sul processo di unificazione, benché ancora non iniziato ufficialmente, Calamai ha già disposto un piano operativo piuttosto stringente. "Durante gli anni del Covid – precisa – il processo di fusione è stato portato avanti, malgrado non sia stato evidente ai più. Il progetto di azienda digitale, ad esempio, è immaginato per un’azienda unica, l’organismo di valutazione delle performance aziendali è stato unificato". Di qui a fine anno ci saranno passi importanti verso l’unificazione "del bilancio e del patrimonio". Ma, sopratutto, a partire da settembre, "partiranno gruppi di lavoro dal punto di vista clinico". L’obiettivo, oltre al contenimento dei costi a cui l’operazione tende, è quello di migliorare la presa in carico dei pazienti. A questo proposito, Calamai dettaglia le due macro aree di intervento nelle quali saranno attivi i gruppi di lavoro: "Si tratta di percorsi generali – scandisce – che agiranno su due macro aree: quella degli ospedali e quella della medicina territoriale". Con una concentrazione particolare "sulle aree interne dove è forte la presenza di pazienti con cronicità elevate". Sul versante Pnrr, la direttrice in qualche modo risponde alle perplessità sollevate anche dalle parti sociali. "Non andremo a creare cattedrali nel deserto – assicura – anzi, per lo più andiamo a intervenire su strutture già esistenti nelle quali già c’è il personale". Piuttosto, una delle finalità che si pone la nuova direttrice, è quella di "ottimizzare la gestione dei pazienti, anche per alleggerire i pronto soccorso sul territorio", dirottandone alcuni, ad esempio, nelle osco.
Ciò non toglie l’esigenza di "potenziare il personale" e di "non lasciare sguarnita di strutture sanitarie nessuna area del territorio". Quello del sovraffollamento del pronto soccorso è un nervo scoperto. Calamai, comunque, non si sottrae e cerca di contestualizzare il problema che si registra "a livello nazionale prima di tutto". Ma non è un modo per derubricare il problema e glissare un fronte scomodo. "La carenza di personale dell’emergenza-urgenza – spiega Calamai – è molto preoccupante. D’altra parte, si tratta di una specialità che comporta un alto tasso di stress. Senza contare che, anche ultimamente e con frequenza, si stanno verificando episodi di aggressione ai sanitari". Insomma, per dirla prendendo in prestito la sua cadenza toscana, l’emergenza "non è un boccone per ghiotti".