Giovani, la crisi pesa Una startup su tre chiude

Le aziende già in difficoltà dopo due anni, ma la sfida è superare i cinque. La percentuale delle iniziative imprenditoriali ha registrato un calo del 16,4%

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Un’impresa giovanile su tre, chiude nei primi cinque anni di vita. E, di queste, quasi la metà non riesce a sopravvivere al primo biennio. Il risultato è che in otto anni (2013-2020) la percentuale delle iniziative imprenditoriali guidate da giovani ha registrato un calo del -16,4% attestandosi sulle 2.255 unità (il 6,8% del totale delle imprese della provincia). Questi alcuni dei numeri emersi da uno studio portato avanti dall’osservatorio della Camera di Commercio, sulla base dei dati elaborati dal Sole 24 Ore.

"Lavoriamo a progetti e a nuove idee per l’economia e l’impresa giovanile. Investire sui giovani, scommettere su di loro, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità: che questa sia la strada giusta ho potuto verificarlo in tante occasioni". Così il commissario straordinario della Camera di commercio, Paolo Govoni, commentando la recente indagine condotta dal quotidiano economico di Confindustria, che ha collocato Ferrara tra le prime sei città in Italia per attrattività verso i giovani. "Sul tema della generazione di imprese giovani – ha proseguito il commissario straordinario dell’ente di Largo Castello- crediamo si possa costruire un ‘progetto territorio’, che coinvolga più attori: naturalmente le associazioni di categoria, ma anche le istituzioni, l’Università e il sistema bancario". Secondo Govoni dunque, "occorre puntare sull’innovazione, sul digitale, sulla semplificazione amministrativa e avvicinare la scuola all’impresa. Tutti aspetti sui quali la Camera di commercio continuerà ad impegnarsi nei prossimi anni". Veniamo ai dettagli dello studio. Le imprese giovanili (424 quelle nate nel solo anno della pandemia, delle quali 13 a forte carattere innovativo) sono all’avanguardia nella scelta della forma giuridica da adottare. Aumentano, infatti, le società di capitali e, guardando le nuove iscrizioni, emerge una mappa dei settori produttivi sui cui i giovani stanno ora maggiormente scommettendo. Tra i primi posti ci sono il settore dell’agricoltura e della pesca, le telecomunicazioni, le attività nei servizi finanziari e nei servizi alla persona. A fortissima vocazione giovanile anche le attività legate alla pubblicità ed alle ricerche di mercato. Ma è nell’approccio al web che dimostrano un orientamento innovativo più spiccato: sono presenti in misura maggiore su tutti i social network e, rispetto ai colleghi imprenditori più anziani, hanno una maggiore inclinazione a fornire servizi on line, in particolar modo preventivi.

Meritocrazia, stipendi migliori, meno tasse e meno burocrazia: questa, infine, è la ricetta che convincerebbe i giovani ferraresi intervistati dalla Camera di commercio a non lasciare l’Italia. Ma il desiderio di un lavoro stabile non è in cima alla lista dei motivi di fuga dove svettano, invece, la meritocrazia (quasi l’80%) e la possibilità di fare bene il proprio lavoro (poco meno del 68%). Gli stipendi più alti, a sorpresa, sono solo al terzo posto (62%). Non è vero, dunque, che i giovani vogliano soltanto fuggire verso altri lidi, c’è ancora una buona fetta di loro che si mette in gioco. Senza nulla togliere al problema della ‘fuga dei cervelli’, che anzi è quanto mai urgente affrontare con riforme radicali che vanno dall’Università al mercato del lavoro, i dati dell’Osservatorio dell’economia fotografano una imprenditoria che, nonostante le tante difficoltà, nasce e cresce in casa. Ma occorre – questo il monito della Camera di commercio - lavorare accanto ai giovani, sviluppando un contesto favorevole a farli crescere e a esaltarne la capacità di trainare la ripresa economica. Non per intercettare una moda, ma per capire come rimettere in circolo questa linfa vitale.

Federico Di Bisceglie