"Goylem, un pupazzone. La mia epifania"

Al Comunale in scena lo spettacolo che trent’anni fa rese celebre Ovadia: "Canti, storie mistiche e umoristiche. E le canzoni"

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di Francesco Franchella

"Gli ebrei della Yiddishkeit costruirono un capolavoro ineguagliato della storia dell’umanità: essere popolo senza fare guerre ad altri popoli". In un mondo polarizzato in rigidi schemi contrapposti e dicotomie esistenziali, conoscere la storia di una babele cosmopolita, costruita su ironia e gentilezza, può forse esortare a fermarsi e a riflettere. A farlo col sorriso e, ugualmente, con la serietà di chi sa indugiare. Tutto questo è condensato in ‘Oylem Goylem’, lo spettacolo che trent’anni fa rese celebre Moni Ovadia e che, da questa sera (ore 20.30) a domenica, verrà rappresentato al Teatro Comunale Abbado di Ferrara.

Ovadia, è raro che in Italia uno spettacolo duri 30 anni. Cosa significa Oylem Goylem per lei e per la sua formazione?

"Per me Oylem Goylem ha rappresentato un’epifania, germinata da una serie di concause. Uscivo da una lunga analisi di un paio di anni: non una psicoterapia, un’analisi. Oylem Goylem è stato la messa a fuoco di una serie di componenti della mia vita: la formazione cosmopolita, la scuola ebraica, l’incontro con la piccola sinagoga, un pezzo di Yiddishkeit precipitato nel centro di Milano"

Ma cosa significa l’espressione Oylem Goylem?

"Significa ‘il mondo è scemo’, ovvero incapace di governarsi. Indica la goffaggine, l’incapacità di stare insieme. Il Goylem era questo enorme pupazzone, potentissimo, che non controllava se stesso e i suoi movimenti"

Ci può chiarire il concetto di Yiddish?

"È una lingua di ceto germanico: il settanta percento del suo lessico è germanico, contaminato da parole ebraiche e aramaiche, ma anche da parole dei paesi in cui gli ebrei emigravano, dopo la persecuzione nata dalla peste nera del 1348. È diventata lingua letteraria e koinè cosmopolita, nonché lingua dell’esilio. Un grande studioso inglese ha parlato di ‘Nazione Yiddish’… ".

In che senso?

"Gli ebrei della Yiddishkeit erano una vera nazione in esilio, un popolo senza confini, senza polizie, senza fronti o burocrazie. Prosperarono e furono perseguitati. Costruirono un capolavoro ineguagliato della storia dell’umanità: essere popolo senza fare guerre ad altri popoli, ma convivendo. Il prezzo che pagarono fu il progetto di sterminio nazista"

È la radice dell’antisemitismo di Hitler?

"Vede, quando sento parlare di nazionalismo, sento odore di guerra e sterminio. Lei pensa che Hitler, se gli ebrei fossero stati come gli israeliani di oggi, avrebbe montato quel che ha montato? Neanche per sogno. Hitler odiava l’ubiquità ebraica: essere tedeschi esemplari e ugualmente mantenere la propria identità. Odiava quel mondo che non si voleva affermare con la potenza, ma con l’intelligenza e lo studio. La Yiddishkeit è l’esatto antagonista del nazismo: la grazia, la mansuetudine, la capacità di vivere fra cielo e terra, la pietas, la mistica vertiginosa, quei pensieri che sconfiggono l’evidenza attraverso una critica della ragione umoristico-paradossale"

Quello che lei prova per la Yiddishkeit è vero amore

"È così. In Oylem Goylem celebro questo mondo con schemi molto semplici. Canti, storie mistiche e umoristiche, qualche momento di riflessione e le canzoni. È uno spettacolo basato sull’umorismo. L’umorismo ebraico può fare molto ridere, ma la risata è solo un effetto collaterale: il suo vero scopo è disarmare il violento".