REDAZIONE FERRARA

Green pass falsi: il sigillo. In 117 verso il processo: "Soldi per il certificato"

Chiusa l’inchiesta: coinvolto un medico che forniva i finti tamponi e i suoi clienti. Tra loro, nove sono ferraresi: padre di famiglia se li faceva fare per i tre figli. Nei guai anche una parrucchiera. Un giro di denaro da migliaia di euro. .

Green pass falsi: il sigillo. In 117 verso il processo: "Soldi per il certificato"

L’inchiesta è partita alla fine del 2021, nel pieno della pandemia da Coronavirus

Le indagini sul maxi giro dei Green pass falsi sono terminate. L’avviso di fine indagine firmato dalla pm Rossella Poggioli è stato infatti notificato ai 117 indagati, accusati a vario titolo di falso ideologico in atto pubblico, truffa, simulazione di reato, accesso abusivo a un sistema informatico e corruzione. Al centro della maxi inchiesta dei carabinieri della Compagnia di Molinella sono finiti un biologo di 59 anni e la sua ’collaboratrice’, una parrucchiera che gli avrebbe procurato gran parte dei clienti – nove dei quali sono di Ferrara (3), Argenta (2), Portomaggiore (1), Cento (2), Poggio Renatico (1) – fornendogli i dati personali di amici e conoscenti interessati a ricevere la falsa attestazione del tampone. Secondo l’accusa, il cinquantanovenne bolognese sfornava una media di più di duecento tamponi (o certificati di esecuzione del tampone) contraffatti al giorno, per decine di persone. Un business che fruttava diverse migliaia di euro in quanto, stando alle accuse, un risultato positivo al Covid 19, utile quindi a ottenere il Green pass senza sottoporsi al vaccino (perché chi era guarito dal virus raggiungeva comunque la copertura anticorpale), costava ben cento euro, mentre un risultato negativo viaggiava tra gli otto e i dieci euro.

L’inchiesta è partita alla fine del 2021, nel pieno della pandemia da Coronavirus, con i primi vaccini, le zone rosse e le quarantene: i militari notarono sui social le dichiarazioni di diversi no vax bolognesi e ferraresi e di negazionisti del virus, che rivendicavano ai propri follower di non avere mai fatto vaccini né tantomeno di aver contratto il Covid. I carabinieri eseguirono allora una serie di controlli e scoprirono che tutti i soggetti in questione risultavano essere in possesso del Green pass. Quest’ultimo emesso, si è poi scoperto, dopo i tamponi (prima quelli positivi poi quelli negativi) eseguiti dal biologo, che collaborava con almeno tre distinti laboratori del territorio. Al cinquantanovenne e alla sua ’collaboratrice’, oltre al falso in atto pubblico, sono contestati anche la corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio in concorso – in quanto si facevano pagare per i falsi certificati e successivamente si spartivano i soldi – e, solo al biologo, la simulazione di reato. Quest’ultima accusa si riferisce a un episodio del febbraio 2022, quando il professionista denunciò ai carabinieri il furto di una borsa con all’interno agenda, documenti e tablet che avrebbero contenuto i dettagli della sua attività sui falsi tamponi, oltre ai nomi e ai riferimenti dei clienti. Per gli inquirenti il cinquantanovenne avrebbe architettato tutto temendo di essere indagato.

Tra le 117 persone finite nel mirino della Procura ci sono anche gli ‘intermediari’, accusati di avere procurato i clienti pur senza sottoporsi mai direttamente ad alcun test rinofaringeo, e soprattutto decine di clienti. Uno dei ferraresi, secondo le carte dell’inchiesta, avrebbe richiesta e ottenuto "la redazione di false attestazioni di tampone Covid 19, per sè e per i propri tre figli, al fine di ottenere la certificazione Green pass". Un altro ancora, "pattuiva e corrispondeva" al biologo "circa 8/10 euro per ogni negativo".