Ferrara, idrovia in secca. "Dragaggio assente e conche chiuse, un disastro"

Il fiume malato, la corsa a ostacoli dei battelli che percorrono il Po. Georg Sobbe: "Manca una visione d’insieme. Occorre migliorare le infrastrutture"

SALOTTO SULLA RIVA Un divano, un materasso e altri oggetti sulla riva del canale

SALOTTO SULLA RIVA Un divano, un materasso e altri oggetti sulla riva del canale

Ferrara, 18 marzo 2019 - La via del turismo fluviale è lastricata di fango e rifiuti. I gioielli naturalistici del Po e del suo Delta sono sempre più difficilmente accessibili a causa delle condizioni delle vie d’acqua che ne rappresentano le porte d’ingresso. Una situazione non nuova ma che, alla vigilia della bella stagione, operatori turistici e barcaioli tornano a mettere in luce. Il primo allarme è quello lanciato ieri su queste colonne da Confesercenti.

Un grido di dolore raccolto e approfondito da Georg Sobbe dell’associazione culturale ‘Fiumana’ e comandante della motonave turistica ‘Nena’. Dal ponte della ‘Nena’ Sobbe osserva sconsolato gli isolotti di sabbia che affiorano dal canale di fronte alla Darsena di San Paolo (FOTO). «Parliamo di questi problemi da tempo ma sembra non esserci soluzione – sbotta –. Manca il dragaggio della darsena, le sponde sono trascurate e le infrastrutture sono un disastro».

La siccità di queste settimane è solo l’aggravante di una serie di malanni di cui da tempo immemore soffre il tratto ferrarese del ‘grande fiume’. A partire proprio dal punto di partenza delle gite che dovrebbero portare i turisti alla scoperta delle bellezze del Po: la darsena, appunto. «Qui non c’è più acqua – scandisce osservando le ‘gobbe’ che affiorano dal Volano –. La ‘Nena’ resta attraccata nel canale navigabile. Ma se passasse un’altra nave potremmo essere un intralcio. Vicino alle banchine, se va bene, c’è una profondità di 80 centimetri. Ma è tutto melma, sabbia e rami». Discorso non diverso per alcuni tratti del canale Boicelli. «Spesso, durante le gite, devo fermarmi a pulire i filtri – aggiunge Georg –. Altrimenti non riesco ad andare avanti. E cosa credete che pensino i turisti che trasporto? Non vengono più».

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A questo si aggiunge l’inquinamento delle acque e delle sponde, spesso ridotte a «discariche e lasciate nell’incuria». Ma il problema più serio per chi naviga sul ‘grande fiume’ è quello delle chiuse, necessarie per poter accedere a determinati tratti del corso d’acqua. Il nodo principale, chiarisce Sobbe, si chiama Pontelagoscuro. La conca della frazione è un passaggio obbligato per entrare nel ‘Po grande’ partendo dalla città.

«La gita in Po è la più bella e richiesta – premette Sobbe –. Peccato che la chiusa di Ponte sia quasi sempre inutilizzabile». Un problema che, assicura il comandante della ‘Nena’, è «peggiorato da quando la competenza sulle conche è passata da Aipo a un’agenzia regionale che fa capo ad Arpae e si occupa di sicurezza idraulica». Il primo intoppo è quello legato al personale. Mentre alle chiuse di Valpagliaro e Valle Lepri, sul Volano, ci sono operatori fissi, a Pontelagoscuro non è così. «Manca il presidio e spesso non riusciamo ad avere il servizio – lamenta Georg –. Siamo costretti ad annullare le gite sul Po e ‘ripiegare’ sul Volano. Fermandoci però prima di Valle Lepri, da poco dissequestrata ma ancora inutilizzabile, e senza arrivare a Comacchio e al mare. Vogliamo che il servizio venga garantito, soprattutto nei weekend». Altrimenti, chiude, «è inutile parlare di turismo fluviale e di Idrovia. Serve una visione complessiva e un mutamento del modo di pensare all’acqua e alle sue potenzialità».