Caccia a Igor. "Troppi ritardi. Ora vogliamo delle scuse"

I figli di Valerio Verri dopo la notizia della nuova inchiesta: "Perché la questura non è stata avvertita subito?"

Emanuele e Francesca Verri con l’avvocato Fabio Anselmo

Emanuele e Francesca Verri con l’avvocato Fabio Anselmo

Ferrara, 12 giugno 2017 - «Perché non sono subito state informate le altre forze dell’ordine? L’informazione c’era sin da subito. Perché non è stata comunicata in maniera ufficiale anche alla questura e la prefettura?». Sono un fiume in piena Francesca ed Emanuele Verri, figli di Valerio, la guardia ecologica volontaria uccisa l’8 aprile da Norbert Feher, l’inafferrabile pluriomicida serbo. Alla frustrazione per gli oltre due mesi senza risposte riguardo alla mattanza di Trava di Portomaggiore, ora si aggiunge un nuovo motivo di rabbia. L’Arma dei carabinieri, come riportato ieri dal Carlino, avrebbe comunicato alla massima autorità di pubblica sicurezza (il questore) e al rappresentante del governo in città (il prefetto) il nome di Norbert Feher, alias Igor Vaclavic, soltanto il 10 aprile. Cioè due giorni dopo l’omicidio di Verri. Nel mezzo però (e su questo la procura vuole fare chiarezza con una inchiesta ‘parallela’) ci sarebbero state altre due comunicazioni: un primo telex relativo alla rapina di Consandolo (il 30 marzo) e un secondo l’8 aprile, subito dopo l’omicidio della guardia volontaria. In entrambi i casi si parla del responsabile come di un «ignoto».

C’è però una informativa inviata al pm Marco Forte, datata 2 aprile, nella quale un maggiore dei carabinieri di Bologna, nel richiedere intercettazioni telefoniche, collega l’episodio di Consandolo all’omicidio di Riccardina di Budrio. E, aspetto più importante, si fa già il nome e cognome di Igor Vaclavic. Un’altra pugnalata per Emanuele e Francesca, che da quel maledetto 8 aprile chiedono risposte. «Non ci voleva una scienza per capire che la situazione era pericolosa per persone come nostro padre, disarmate e non addestrate – sbottano –. I servizi con i volontari dovevano essere fermati nei tempi utili all’interno della zona rossa. La possibilità c’era e ora ne abbiamo conferma». I Verri, seppur «senza puntare il dito contro nessuno», continuano a parlare di «ritardi e negligenze» e di «mancanza di gioco di squadra tra le forze di polizia».

E poi l’eterno problema della comunicazione. «Siamo molto arrabbiati – aggiungono Francesca ed Emanuele accanto all’avvocato Fabio Anselmo –. Abbiamo fatto cento domande ma non abbiamo avuto nemmeno una risposta. I diretti interessati, in tutta questa vicenda, sono stati tenuti fuori da ogni cosa. Questo è inaccettabile». La certezza, al di là di tutto, è che «qualcuno ha sbagliato e dovrà rispondere degli errori commessi.

La nostra vita è stata sconvolta». È sulla mancanza di informazioni che i figli della guardia ecologica volontaria continuano a insistere. «C’è stata carenza di informazione e di interessamento – rincarano –. Perché non si sono mossi subito dopo il 29 marzo? Perché hanno sottovalutato la pericolosità di questa situazione? La sera dell’omicidio di papà, che abbiamo imparato solo da Facebook, un uomo in divisa ci disse che stavano braccando il killer. Poi cosa è successo? Forse – è l’affondo – sarebbe stato meglio cercarlo subito dopo la rapina di Consandolo, piuttosto che andare al Gad per l’operazione antidroga (un maxi blitz effettuato in città la mattina successiva all’aggressione alla guardia giurata, ndr)».

Una serie di «mancanze», per le quali, secondo i Verri, «qualcuno dovrebbe chiedere scusa». La speranza per Francesca ed Emanuele si aggrappa alle parole del ministro dell’Interno Marco Minniti. «A Molinella ci aveva fatto un discorso importante dandoci la sua parola d’onore – spiegano –. Speriamo che la promessa venga mantenuta».

A incrinare un po’ la fiducia ci pensa però il cambio di strategia nelle ricerche, con la rimodulazione delle forze in campo. «All’inizio ci era stato detto che mille uomini erano pochi per battere la zona – osservano –. Ora, a quanto apprendiamo dai giornali, ne sono rimasti solo quaranta». I dubbi, insomma, si accavallano. E, per i figli di Valerio Verri, più passa il tempo e più la morte di loro padre appare come un rebus senza soluzione. «Perché da quel giorno la nostra vita è stata trasformata in maniera schifosa».