Ferrara, rapinato dalla banda di Igor il russo: "Ho ancora paura"

Alessandro Colombani dopo due anni ricorda la rapina della banda Pajdek: "Rispetto ad altri sono fortunato. Perché io sono sopravvissuto"

Alessandro Colombani (foto Businesspress)

Alessandro Colombani (foto Businesspress)

Ferrara, 7 aprile 2017 - «A differenza degli altri mi sento fortunato, perché sono un sopravvissuto». È questo il primo pensiero di Alessandro Colombani, 45 anni di Villanova di Denore, aggredito, picchiato e rapinato la notte tra il 26 e 27 luglio 2015.

Uno dei suoi assalitori è sospettato dell’omicidio del barista di Budrio, come ha reagito alla notizia?

«Francamente non pensavo che il russo fosse ancora qui. Considerato che su di lui c’è un mandato di cattura europeo, ero convinto che fosse il più lontano possibile».

Crede che Igor Vaclavic sia ancora nel ferrarese?

«Beh, in tutta onestà spero di no. Dalla notte dell’aggressione la paura non mi ha mai abbandonato e ora l’angoscia è ritornata, forse più profonda di prima. A quasi due anni di distanza, quando torno a casa la sera mi guardo le spalle, mi sembra ancora di sentire quelle mani che mi afferrano nel buio, che mi prendono la gola, le sprangate alla testa, in tutto il corpo... un incubo; i punti di sutura al capo e la rottura dell’anulare della mano destra, che ancora non riesco a piegare e che mi è costata dei punti di invalidità»...

Cosa ricorda ancora di quella notte?

«Il dolore e la paura, il fatto che per diversi minuti, durante l’aggressione e il pestaggio, nessuno di loro abbia mai parlato. Non li ho mai visti in faccia, ma sentivo chiaramente di essere in balia di tre persone che mi hanno trascinato per il giardino, fino all’angolo estremo. Lì sono stato rapinato e per la prima volta uno di loro, che poi era Pajdek, mi ha parlato».

Cosa le ha detto?

«Mi ha frugato in tasca. Ha preso il portafoglio e il bancomat e mi ha detto ‘‘Dammi il codice o ti massacriamo’’, non so nemmeno, annebbiato dal dolore, legato e imbavagliato con il nastro adesivo, coperto di sangue, come ho fatto a ricordarlo. Mi hanno preso 70 euro e mi ha chiesto perché ne avessi così pochi. Gli ho risposto che ero stato fuori a cena e li ho pregati di non buttare via i documenti. Poi se ne sono andati».

Ha avuto paura di morire?

«Sì, mentre ero legato e sanguinante mi sono ripetuto più volte: ‘‘Questa notte muoio’’. Poi sono riuscito a trascinarmi in casa ed a chiamare il 112».

Perché ha scelto di raccontare quanto le è accaduto?

«Lo ritengo giusto. Far conoscere la mia storia a quante più persone possibile spero contribuisca a far cambiare qualcosa. E’ importante che si prenda coscienza che è giunto il momento di fare qualcosa per la legittima difesa».

Oggi come vive?

«Sono una persona semplice, ma per due mesi dopo la vicenda ha avuto paura ad uscire sotto il portico, la sera, per fumare una sigaretta. Ancora oggi quando vado in paese con il buio, mi guardo le spalle e l’angoscia non mi abbandona. Dormo male».

Crede di essere stato una vittima predestinata?

«Dalle confessioni fatte da Pajdek e Ruszo era Vaclavic a scegliere i posti e casa mia gli era sembrata tranquilla e abbastanza isolata».

Il 13 luglio ci sarà l’udienza preliminare, sarà presente?

«Sì ci sarò. Costi quel che costi».

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