"Il mio campione volato in cielo mentre ero lontano in Camerun"

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"Il profumo del pallone di cuoio, la felicità del mio piccolo Manuel e un campo polveroso. È questa l’immagine che non riesco a togliermi dalla testa. Mio figlio, appena bambino, che corre dietro un pallone. La gioia di quei momenti me la porto nel cuore, ma mi fa anche soffrire perché ho perso per sempre il mio campione. Manuel, la sorella Melissa e il fratello Michael sono la ragione per cui in questi anni ho trovato la forza di andare avanti, di lottare sempre e comunque". Con un filo di voce, al telefono e ancora in Camerun in attesa di partire per tornare in Italia, Felix Ewane Ntube, 52 anni, ricorda il figlio Manuel volato in cielo, a causa di un tragico incidente.

Anche il padre era stato una promessa del calcio: "Ho giocato nella terza serie del Camerun. Lo sport nel mio paese era una delle strade per ottenere il riscatto sociale. C’era sempre uno spiazzo disponibile, un campetto fatto di polvere e sassi. Sotto il sole si correva a perdifiato dietro un pallone, un concentrato di fatica e passione. La stessa che ho trasmesso ai miei figli, Manuel e Michael. Mi trasferii in Italia nel 1992 e fui accoltio subito bene. I miei figli sono italiani". Con la voce rotta dal pianto Felix ricorda gli ultimi messaggi scambiati con il figlio: "Queste parole di affetto e amore le conserverò gelosamente. Le sto rileggendo da ore, perché mi danno l’impressione che Manuel sia ancora vivo. Mi rendeva orgoglioso e aveva tutte le virtù che deve avere un ragazzo della sua età. Purtroppo è bastato un istante per cancellare la sua vita".

Secondo il padre, Manuel, poco prima di essere investito, stava tornando a casa: "Era con un amico, non tanto lontano dalla sua abitazione". E ancora: "Morire mentre si passeggia o si gira con la propria bicicletta – conclude –, è qualcosa di impossibile da credere". Un gesto di tutti i giorni si trasforma in dolore e distrugge una famiglia.

Matteo Radogna